lunedì 17 novembre 2008

Il primo deejay della storia


George Gershwin, senza di lui amici noi oggi non saremmo qui, un uomo nato a Brooklyn e morto a Beverly Hills come John Belushi! 39 anni e basta vissuti tra il 1898 e il 1937, poveraccio, un uomo che ha scritto le più belle canzoni del mondo, anche più dei Beatles, un uomo che a 16 anni lavorava per un negozio dove suonava il pianoforte a bacchetta per aiutare i clienti a scegliere le canzoni che una volta venivano vendute solo su spartiti, il primo supporto di sempre: George, il primo deejay della storia, un juke box vivente ...
È stato l’uomo che ha fatto entrare il jazz, nelle sale da concerto, sdoganando questo genere in ambienti più elitari, diciamo così, e la cosa che mi piace da morire di Gershwin è la sua compattezza, con due dischi hai risolto ed è tutto di prim’ordine:
- Rapsodia in blue, 1924, gli venne commissionata da una orchestra jazz, fatto, 16 minuti saccheggiati da tutto il mondo per comunicare un atmosfera, un orgoglio, un pentimento, un sentimental! C’è tutto in quei 16 minuti...
- Un americano a Parigi, 1928 quando andò da Ravel a chiedere lezioni di arrangiamento e Ravel gli rispose:
- Perché essere un mediocre Ravel quando si è già un fantastico Gershwin?
- Allora vado?
- Si, vai caro...
- Me ne vado?
- E vattene!
e scrive “Un americano a Parigi” semplicemente andando in giro per Parigi, ai giardini delle Tuileries, per gli Champs!
- Porgy and Bess, 1935, voleva scrivere un’opera, e trova un libretto dalla trama assurda, ma chi se ne frega della trama, lasciamoci prendere dalle melodie fantastiche che George ha trovato nell’aria, così come Mozart le trovava per caso. La cosa strabiliante di Gershwin è che se, quando ascolti la sua musica in una sala da concerto, ti ritrovi a stringere la mano della ragazza che ti sta accanto, è quella ragazza che deve diventare la donna della tua vita!

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