mercoledì 28 ottobre 2020

Ottobre


Ottobre, il mio mese, che amo tanto, dura poco eppure è tra quelli più lunghi: si lascia alle spalle il mese più bello dell'anno e ci prepara a quello più brutto e carico di tristi presagi. È per questo che ha quei raggi di sole tra le nuvole che scaldano appena appena, per farci capire che non dobbiamo abituarci a quel calduccio che arriva di ricordo in ricordo. A Roma ci siamo inventati l'ottobrata con i colori che hanno fatto la fortuna del foliage in tutto il mondo, da Central Park alla montagna con i suoi larici gialli e rossi struggenti. Siamo pronti ad andare in giro per castagne e fraschette inebriandoci del profumo di terra bagnata pregustando il ritorno in casa davanti a un fuoco acceso apposta per farci sognare di essere i protagonisti di una pubblicità anni 80. 
Ma c'è qualcosa di reale in tutto questo: sapere di andare verso il buio dei prossimi mesi (ormai anno dopo anno) ci aiuta ad affrontare l'autunno vero che ci aspetta al varco, ed è per questo che ottobre dura un giorno in più: quelle 24 ore sono utili in tutti i sensi, fanno affiorare un pensiero, una riflessione, o meglio una pausa che ci aiuti a trovare la calma apparente che fa scaturire un ragionamento approfondito, fermarsi un attimo per gustare quello che di buono ci riserva ottobre, il mese profumato dell'anno, quell'intorpidimento che prelude al sonno, quel tirarsi su in automatico un plaid addosso, perché tra un po' "mi sa che sento freddo", quel sublime momento che anticipa il sonno che ci siamo meritati. Facciamoci prendere da questo stordimento, abbandoniamoci a lui, ci serve: dormiremo quel che serve e al risveglio, oplà... ne riparleremo! Ottobre, il mio mese preferito!

  

lunedì 26 ottobre 2020

40 dai 18

 

Roma 24-10-2020

Quindi oggi 40 anni fa varcavo la prima vera soglia della mia vita, o almeno quella legale: 18 anni! Cosa pensavo? Mamma mia, sono grande: ho 18 anni, posso guidare, posso votare, posso firmare le giustificazioni, posso andare in galera, posso fare tutto, ho 18 anni! E soprattutto festeggio, con chi? Con la ragazza dei miei sogni (che tale rimarrà, ma non lo sapevo) invitandola a cena nel ristorante più bello e più sbagliato di sempre per un G2 senza speranza.

Come andò quella sera potete leggerlo qui ma oggi mi chiedo: chi ero quella sera di 40 anni fa? Un ragazzo pieno di speranze, di sogni? No, quella sera, ma solo per quella, ero un tipetto che aveva davanti un baluardo da superare, un muro da scavalcare, una cena che doveva finire il più in fretta possibile perché già sapevo come sarebbe andata: quella ragazza sarebbe rimasta un sogno nonostante tutte le mie aspettative. 

Ma c'era questo guado da attraversare: beccarsi un "no" in uno dei giorni più importanti della mia vita, prendersi quel rifiuto in faccia e rimanere dritti in piedi, di marmo, come un faro della Bretagna sferzato dai venti del mare in tempesta per poi potermi dire: ce l'ho fatta, lei non mi vuole, ma io sono ancora in piedi, sono ancora qui, ho fatto 18 anni, domani comincia la corsa! 

E che corsa! Quella sera dopo la cena, andammo al cinema a vedere "Saranno famosi" di Alan Parker, 1980 appunto, e in quel momento capii che quei ragazzi erano proprio i miei sogni di novello 18enne senza sapere che per i 40 anni successivi avrei cercato di realizzarli dandogli un nome e un cognome veri.

Stasera 40 anni dopo, festeggerò certamente, come sempre, ma tra i vari brindisi (dopo quello "alla salute": obbligatorio!) ce ne sarà uno a quel ragazzo di 40 anni fa che, senza un arco ma con tante frecce, è rimasto in piedi tutto questo tempo affrontando, non sapendo come, tutto quello che poi gli è capitato. Auguri!

 

PS: e comunque domani mattina mi guarderò, per la prima volta dopo 40 anni, da solo, il dvd di "Saranno famosi" per capire se i nostri sogni saranno poi stati famosi... ma forse mi metterò a piangere perché la risposta già la so: no!

 

 

venerdì 23 ottobre 2020

La prima Brooks non si scorda mai


Roma 9-7-2020

La prima Brooks non si scorda mai! A 16 anni quando si andava all'alba in motorino da Anzio, dove si era in vacanza, fino a Latina, col Ciao o con la Vespa, in due su quelle selle corte, al mercato americano dell'usato, per trovarne una sola, piccola, lisa, bucata, ma "americana vera", e urlare "è mia!" trattando le 1500 lire con quella bestia che ti poteva spezzare in due con il solo sguardo anche se aveva solo un anno più di noi.

La sera stessa te la mettevi per andare a prendere un gelato da Mennella, al porto, e ti sentivi più fico di tutti, sperando che la biondina con il rossetto che ti faceva impazzire ti chiedesse "l'hai comprata oggi?" per dirle "no, è da un po' che ce l'ho, carina vero?". Quando tornavi dalle vacanze, la foto più bella era quella con la camicia celestina, non era un celeste qualsiasi, ero quello dei cieli di primavera, quello della tua Brooks. La prima. E le altre? Quelle a righe? Te le avevano regalate tornando dagli States, due: una blu e una rossa, le "pencil-stripes", e anche loro le riservavi per le occasioni speciali: una te la sei messa all'esame di maturità per sentirti come Robert Redford in "Come eravamo". Non eri biondo come lui, ma all'uscita dall'orale volavi urlando di gioia, per la morte del liceo e per il tuo primo vero giorno di vita, mentre lei ti sbuffava un po' fuori dalla cintura dei pantaloni. E poi quando l'armadio della tua camera è diventato il guardaroba di casa tua, a quelle Brooks hai dedicato i cassetti monomarca e hai cominciato a capire i nomi dei tessuti: "oxford", bella, "pesantona", la prendevi e la sentivi tra le tue mani, ti sentivi forte come lei, poi hai scoperto il "pin-point", leggera, elegante, quella dell'Avvocato, con i button-down slacciati, come l'Avvocato, "ma le punte del colletto vanno in su" e tu le inamidi, come l'Avvocato, devi essere come l'Avvocato! Poi hai cambiato taglia, da 16-34 sei passato a 16,1/2-34, ancora non hai capito come, ma il collo ti si è gonfiato (nel frattempo ti stavi sposando) e il colletto non si chiudeva più. Poi sono cambiati i tagli, dalle regular-fit (che erano larghe come sacchi) sei passato alle slim-fit (ti stavi separando e ti sei dimagrito). Poi sono uscite le non-iron. E non ci hai capito più niente. Come "non iron?", "Non le deve stirare", "ma che dice? Io le voglio stirare!". Ne avevi comprate tre, te ne sei accorto tardi e le hai regalate a qualcuno perché non te le volevi mettere: "sono dure". Chiedevi ai tuoi amici, quelli con i quali andavi al mercato di Latina "ma ti piacciono?", "No!" ti dicevano tutti, e hai scoperto che il filo prima di essere tessuto era imbibito di amido e anche se l'avessi lavato a 90°, non l’avresti piegato. Per anni hai cercato le "iron" tenendoti care le vecchie. Quelle che non avevi ancora regalato a tuo figlio. Che ti ricorda tanto te davanti a Mennella 30 anni fa. Chiude Brooks Brothers? Per noi rimane aperto. Comunque. Aspettando le "iron". Hai visto mai che si salva? 

Silenzio, si gira

 


Roma 1-6-2020

Silenzio, si gira. E io ho girato, in silenzio. Un silenzio che non conoscevo quando ero troppo giovane e nelle orecchie avevo la voce di mia nonna che mi diceva "quanto era bella Roma ai miei tempi!". Ho girato per quel tridente che oggi in una notte è passato dall'inverno all'estate, e che a marzo in una notte è diventato una macchina del tempo, portandomi in quegli anni di cui parlava mia nonna. In silenzio ho girato con una borsa rossa, e andavo dal panettiere, dove c'era la fila di qualche romano, che salutavo senza conoscere, cui chiedevo come va, che mi rispondeva e come deve andare. Andavo dal pizzicagnolo di Monte d'Oro a parlare di un pecorino romano, se era veramente del Lazio; da Gabriella a prendere una banana, una mela, una pera, tanto sto da solo; da Fabio il ferramenta in Via dell'Arancio per chiedere prima come stava la madre e poi per capire come mai la moka non funzionava più per colpa di una guarnizione, o della valvola o del filtro a imbuto, e ricomprare tutti i pezzi separatamente giorno per giorno, ma quella nuova manco morto. Andavo da Annibale, il macellaio, per farmi le foto in mezzo a Via Ripetta dicendogli quanto è bella Romamentre mi sorrideva triste nel silenzio ovattato dell'infanzia di mia nonna. E tornando a casa con la borsa rossa della spesa facevo una telefonata a Giovanni, ascoltando le sue risposte ma soprattutto la mia voce che rimbalzava sui muri delle vie. Ma dove sei? A Via Condotti e gli mandavo una foto con il fondale della scalinata di Trinità dei Monti, e gliela mandavo in bianco e nero, apposta, come le cartoline di mia nonna. Incontravo i vigili della Municipale, come ancora li chiamo, li riconoscevo e li salutavo, e loro mi rispondevano perché non stavano dietro agli ambulanti, ai finti suonatori con le casse acustiche alimentate: avevano tempo di rispondere a un saluto nel silenzio del secolo scorso. Lo stesso  che mi aspettava quando tornavo a casa, nel cortile, senza i trolley che strusciano, l'ascensore stesso ringraziava, finalmente sempre al piano terra e non in giro a far scendere e salire i turisti dei B&B, e quando si muoveva capivo che c'erano i vicini, ah sono tornati, e gli facevo un saluto dalle scale, ti serve niente, no grazie, nel caso dimmelo.

Sono riuscito a sentire la pioggia, e pure a goderne: meno male, almeno piove, così in testa sembrava più giusto, più normale, non c'è nessuno perché piove, perché quando era bello, sempre, ho sentito che in Via del Corso non c'erano solo i gabbiani e le rondini, ma pure i merli e una farfalla, gialla, una sola, ma era gialla e un germano reale in Via d'Ascanio da solo pure lui, allegro, mentre la sua ragazza si stava facendo un bagnetto alla Barcaccia senza i tifosi del Feyenoord. Sulla bici ho sentito il rumore, bello come un suono, della catena che scorreva sulla corona. E un pomeriggio sono riuscito a vedere la Fontana di Trevi senza schiene davanti. E oggi che finalmente i romani si stanno riprendendo il tridente, a mia nonna che mi diceva Riccardo, non sai quanto era bella Roma ai tempi miei, potrei rispondere nonna, adesso lo so!


Scapoli & Nubili


Roma 25-3-2020
Single: scapoli, nubili. Siamo noi. Siamo qui. E non molliamo: siamo abituati a stare in "quarantena", abbiamo una capacità di resistenza autonoma di default, a differenza di chi invece è abituato a essere supportato da una vita. E in questa tragica situazione c'è un aspetto positivo: non c'è alcun senso di colpa nell'apprezzare tutto questo tempo a disposizione.

Noi, da soli, sappiamo organizzarci benissimo con la spesa per uno (raramente per due), sappiamo cucinare, sporzioniamo, congeliamo, riscaldiamo, sappiamo pulire casa, fare la lavatrice, la lavastoviglie, ma siamo anche connessi meravigliosamente, tutti i nostri dispositivi elettronici funzionano alla perfezione, e sono tutti per noi, in esclusiva, nessuno li tocca, solo noi! E il tempo, che comunque scorre sempre velocemente, in questi giorni è ancora più libero, vola! 

Noi siamo quelli che tutto l'anno, in tempo di pace, organizzano tutto per tutti gli altri in coppia: cene, serate, cinema, teatri, e ci chiedono qualsiasi cosa: "Li vai a prendere tu i biglietti al cinema? Ché noi abbiamo da fare", "Prenoti tu il ristorante? A te non dicono di no". Siamo dei Jolly Joker tutto fare perché non abbiamo famiglia, abbiamo solo noi stessi a cui pensare e quindi abbiamo più tempo e, diciamo la verità, anzi la dicano loro, "ci divertiamo di più" perché "possiamo fare come ci pare".

Ma per una volta che invece 'a livella della quarantena, come si è detto, ci accomuna tutti, non ci si fila nessuno. E adesso che non possiamo e dobbiamo organizzare tutto l'intrattenimento, adesso che non dobbiamo più raccogliere sfoghi e confidenze, nessuno ci chiede come stiamo perché loro lo sanno che stiamo bene, e basta!

Ci fosse una telefonata da parte di amici con famiglia, no. Improvvisamente hanno troppo da fare per gestire l'emergenza: la colf non può venire: "E mo' chi pulisce? E 'mo chi fa la spesa? E mo' chi lo porta il cane fuori all'alba?". Devono prendere i biglietti per far tornare i figli dall'estero, o da Milano, o da dove stanno 'sti figli a studiare, che poi quando tornano a casa si chiudono in camera e non gli parlano, o se gli parlano lo fanno con l'inglese perfetto che gli è costato ventimila euro all'anno e non li capiscono, e se escono dalla camera loro è per mangiare o perché è andata via la luce e quindi è caduto il wi-fi. Devono mettere ogni situazione in sicurezza: loro stessi prima di tutto, poi mogli, figli, madri, nonne, fratelli, sorelle, cognati, coppie amiche della coppia, e solo allora, quando tutto sembra di nuovo sotto controllo, anche se non lo è per niente, finalmente fanno uno squillo all'amico/a single, e non ti chiedono nemmeno come stai, se per una volta hai bisogno di qualcosa: per loro è impossibile non esordire con un "Ahò, te stai a diverti', eh? Beato te che stai da solo!". Ci invidiano e basta. Perché della loro famiglia non ne possono più! Sì, ci saranno molte nascite nel prossimo dicembre, ma anche molti divorzi, o almeno case separate...

E allora vuol dire che abbiamo fatto bene a rimanere single perché diceva Cechov "se temete la solitudine, non sposatevi". Auguri!