giovedì 31 ottobre 2013

Aggiornamenti

Io mi sono fermato. Con l’iPhone mi sono fermato, ve lo dico, e quindi il nuovo iOS, il 7, non l’ho scaricato. Non ci capisco niente con quelle icone che svolazzano da tutte le parti di uno schermetto per contenerle tutte. Le foto su campo bianco, i comandi troppo sottili per essere visti e premuti con le ditacce. Il tastierino con i numeri rotondi, le mappe che (funzionano? Boh!) ti portano con i cartelli stradali dove dicono loro pur facendo noi a gara con il satellite della macchina che ci porta in giro (chi ha ragione?). Non aggiornarsi ovviamente porta a essere giudicati come vecchi. Ma chi se ne frega, no?!! Anche se Ernesto Assante nella sua recensione del nuovo iPad Air dice parole sante “L'abitudine, la pratica, riducono di molto la quantità di errori, scrivere sul video non è la stessa cosa che usare una macchina da scrivere o la tastiera di un computer, è una nuova abilità che, ci piaccia o no, prima o poi dovremo apprendere”, al momento io non ce la faccio. A parte il fatto che il processore del mio iPhone 4 non gliela fa a stare dietro al nuovo 7, ottima scusa per non farlo, questo è il primo look che Steve Jobs non ha visto, senza quindi poterlo eventualmente approvare. Per la tigna che contraddistingue un certo tipo di Mac lover (me stesso) si può resistere ancora, almeno fino a quando alla Apple decideranno che chiunque potrà scegliere che look avere sul proprio iPhone. E se non prenderanno questa decisione io tengo duro. Voglio proprio vedere. Mi farò male, lo so, e alla fine andrò anch’io a chiedere ai figli dodicenni delle mie amiche dove hanno nascosto “accessibilità” o come si tolgono le anteprime delle notifiche ecc ecc. Comunque, si è sempre detto che cambiare religione è più facile che cambiare caffè e giornale, e in generale le abitudini sono dure a morire. Da oggi pure il sistema operativo. Che pizza!

PS: piccola rivincita. In questi giorni qualcuno vedendo il mio “vecchio” iOS 6, mi dice: “uh, non hai fatto l’aggiornamento, beato te!”

lunedì 23 settembre 2013

Certe facce


Ma che vuol dire quando una faccia ti entra dentro?
Eppure ieri pomeriggio mi sono visto “Un mercoledì da leoni” di John Milius”. Potremo parlare tre ore di questo film che non ha incassato niente ed è comunque diventato un mito per via di frasi memorabili e per “quell’aria” che respira di giovinezza (come avremmo voluto passarla) e di anni che passano (tutti vissuti!). Lo stesso John Milius nell’intervista degli inserti speciali se ne stupisce un po’ ed è orgoglioso che tutti i 16-18enni del mondo hanno visto quel film o al cinema in un’arena estiva (magari con una camicia indosso come quelle e con una ragazza accanto come quelle), o in VHS, o in DVD, o su internet, o su iTunes, o su Apple TV, insomma l’abbiano visto. È anche orgoglioso del fatto che all’epoca Steven Spielberg, George Lucas e lui stesso si scambiarono una quota degli incassi dei loro rispettivi film “Incontri ravvicinati”, “Guerre Stellari” e “Un mercoledì” appunto. La sola quota di “Guerre Stellari” gli ha fruttato 1 mln $, agli altri la sua pochi spicci! Ma insomma parlavo di facce, no? Una su tutte quella di Jan-Michael Vincent, montata su addominali in grado di gareggiare con quelli che furono di Paul Newman. Bello, triste, malinconico, ubriaco, pulitore di piscine ma surfista sublime capace di carezzare le onde dell’oceano come un bambino un orsacchiotto. Eppure quando Bear, il costruttore di tavole, gli diceva che non poteva smettere di surfare, lui rispondeva che lo faceva “solo” per giocare con gli amici. Non abbiamo pensato tutti al cinema di essere così bravi in qualcosa e non vantarsene in alcun modo? (magari anche per pochi secondi!). Ma c’è stata un’altra faccia che ieri pomeriggio non vedevo da oltre trent’anni: a un certo punto, Bear, si sposa, e un suo amico Waxer (che è ubriaco) gli porta le fedi all'altare perché il suo testimone Matt se l'è dimenticate. La macchina da presa inquadra una donna di mezza età... sono saltato sul divano, fermo immagine: L’HO GIA’ VISTA! Era in questo spot di un detergente per wc! Anni 80 pieni. “Luisa inizia presto, finisce presto e di solito non pulisce il water...”. Ora mi dovete dire che vuol dire! Nel senso che vorrei sapere che cosa mai ha combinato Fran Ryan, così si chiama, per restare così impressa nella testa di tutti noi (ve ne renderete conto non appena vedrete lo spot.
Niente, non ha fatto niente, ma certe facce sono così, ti restano dentro. Ma del resto, proprio io parlo?!?
Anyway, il futuro è già passato e non ce ne siamo neanche accorti.

PS: che è una frase di Vittorio Gassman in “C’eravamo tanto amati”, ma ci stava bene adesso.

martedì 3 settembre 2013

Ferragosto

Fermi tutti, ho capito: è stato un attimo, un blitz, un secondo, un fulmine. Allora, carta e penna segnate tutto. Dimenticate Capodanno, dimenticate il 31 dicembre, dimenticate settembre, dimenticate il 7 gennaio, dimenticate tutte le date che sul calendario per un motivo o per l’altro significano chiusura, partenza, voltare pagina ecc ecc, ci siamo capiti. L’unica vera data da quale tutto parte e tutto finisce è una sola. Siete pronti? È il 15 agosto. Punto. Ferragosto. Una festa che prima non c’era, che non significava niente (l’Assunta gliel’hanno attaccata dopo). E che se l’è inventata un imperatore 2031 anni fa: Augusto, imperatore, appunto. Già me l’immagino, a Roma col caldo, senz’aria condizionata, stanco, stravolto:
- Aho, so’ stanco: domani faccio vacanza, la mia, oh!...
La vacanza di Augusto. Un giorno solo, secco, mica come oggi che ci attacchiamo il weekend precedente o quello successivo a seconda di come capita. Augusto, il 16 si rimise subito a lavora’! E proprio per questo il 15 agosto è la data dove tutto finisce e dove tutto inizia, è uno spartiacque tra la notte del 14 e la mattina del 16. Ma il giorno 15 NON SI DEVE FARE NIENTE! Se no, non è tale, non è vacanza, non è Ferragosto. Tutto quello che c’è prima appartiene al passato, o meglio all’anno passato, e dal 16 comincia l’anno nuovo. Questa è la verità. Perché quelle due settimanelle dopo il 15 già profumano di settembre, si avverte che le giornate sono già più corte, quel temporale che arriva all’improvviso fa dire che “l’estate si è rotta”. Si è proiettati sul futuro del proprio anno “scolastico”, all’enormi aperture che si avranno appunto alla “ripresa”, perché a Ferragosto ci si ferma... Prima del 15, facciamoci caso, si pensa invece solo alle “chiusure”, di tutto: dei conti dal commercialista, di un amore, si chiude tutto, dicendo “ci ripenso dopo Ferragosto...”.
Poi Ferragosto passa, ed ecco che bisogna rimetterci la testa, come dopo uno shampoo che ci ha dato una schiarita alle idee. Sono quindi sono già due settimane abbondanti che si sta “riaprendo tutto”. Al bar la mattina si dice:
- E che vòi fa’? Si ricomincia!
- Eccérto, che devi fa’?
- Niente...
- Eh, si ricomincia!
Sul lungotevere i camion con i libri usati finalmente acquistano un senso, e tutto si sta rimettendo in moto. Il ritorno dell’ora legale ci rimetterà la voglia di pasta e fagioli bollente, Natale sarà un equivoco, Pasqua un assaggio e finalmente a Ferragosto 2014 pure quest’anno sarà finito. È una ruota. Chiaro, no?
Buon anno!

mercoledì 24 luglio 2013

Gratitudine.com

La leggenda vuole che un ragazzo, tale Michael Bublé, venisse ascoltato durante una serata privata da Amy Foster figlia del famosissimo producer discografico David, cui il giorno dopo disse:
- Papà, devi sentire questo come canta, fa le canzoni di Sinatra...
- Un crooner...
- No. Si chiama Michael, lo devi senti’, chiamalo!
Il padre non perse tempo a spiegare alla figlia la parola “crooner” e diede un appuntamento a Bublé. Effettivamente il ragazzo ci sapeva fare, belloccio, canadese come lui, Foster si fece dare 500.000 bigliettoni e gli disse “a te ci penso io!”. E infatti, una carriera fantastica, no? Esce quindi il primo disco di Michael Bublé, prodotto da Foster. Ecco la dedica: “Essendo canadese lavorare con David Foster è stato un mio sogno fino a quando ero bambino. Lasciati dire che è stato molto meglio di quanto m’aspettassi. Grazie per la tua guida. Oggi posso considerarti non solo un mentore ma anche un amico.”. Bella, no? Affettuosamente rispettosa. Ottime vendite, esce il secondo disco, quello con “Home” (tra l’altro scritta proprio con Amy Foster, che vorrà di’?). La dedica è questa: “A David Foster (e altri producer del disco) lavorare con voi è una gioia e un piacere. Non siete soltanto miei amici ma anche i miei mentori e insegnanti.”. Benissimo. I successi mondiali proseguono ed ecco il terzo album. Non c’è una dedica personalizzata per David Foster, che compare in un generico elenco di “speciali ringraziamenti” in cui figurano anche gli elementi della band che si fanno con lui il mazzo tutto l’anno in giro per il mondo e che sono disposti a farselo, lui lo sa, per altro tempo ancora (e vorrei vedere), poi Emily Blunt, che all’epoca era la sua ragazza, poi la sua famiglia... insomma un po’ tutti tra affetti e lavoro, via, non c’è tempo per i salamelecchi. Arriva il 4° disco, eppure per David Foster il trattamento è lo stesso, sempre negli “speciali ringraziamenti”. È cambiata la ragazza: Luisana Lopilato, sua futura moglie (ma Michael ancora non lo sa...). Quinta opera: è l’album strenna, quello natalizio e Michael ringrazia i suoi producer, che sono tre, attenzione: David Foster ovviamente, Humberto Gatica (storico anche lui) e Bob Rock, per il LORO genio (di tutti e tre quindi, anche se Rock è giovane quanto Michael), e specialmente per il loro coraggio per fare questo disco alla maniera della “vecchia scuola”. Si riferisce al fatto che il “White Christmas” di Bing Crosby, ascoltato da piccolo, gli fece capire che da grande avrebbe voluto fare il cantante jazz. Passa il tempo, e finalmente, tre mesi fa, esce il nuovo album di Michael Bublé: David Foster NON C’È. In nessuna piega del libretto che accompagna il cd. E a Bob Rock (quello dell’album di Natale, suo nuovo producer, dice: “Amico mio, tu sei il più grande producer che abbia mai visto. Sei un umile e versatile genio. Per farla facile tu sei The Dude.”. Che è un complimento “fico”.
Quindi io mi chiedo: che è successo a quel ragazzo che appena 10 anni fa, sono pochi e sono tanti, stava in un angolo di una festa a bere un gin tonic con i camerieri in attesa di cantare “Strangers in the night” in un salotto? Sono bastati 10 anni per cambiare le parole, per non saperle più distinguere, per non utilizzarle a loop come un’avemaria? “Genio”, “mentore”, “amico”, “il migliore”, tutto in un frullatore?
Sì, sono bastati, perché come diceva qualcuno: nacqui, vissi, e mi contraddissi.

PS: nella foto non c'è Michael Bublé

lunedì 17 giugno 2013

Giugno

Giugno. Questo giugno che non ce la fa a dimostrarci di essere come quello del libro di letture delle elementari, ci ha dato una bella sòla con tutte queste piogge. Perché anche chi odia il caldo come me, non può non riconoscere il fatto che giugno tra i mesi caldi è quello più bello perché è quello che più assomiglia al venerdì sera della settimana. Luglio è sabato, è il giorno in cui ti godi la sensazione che sta per arrivare l’estate “tanto domani è domenica”, e quindi domenica in realtà è agosto: e l’estate è già finita! E basta! Perché ad agosto non puoi che pensare a settembre, ci vuole un attimo che arrivi, le vacanze sono finite! Tragedia!
Invece giugno che meraviglia... quello shampoo appena fatto, quella doccia di nuovo con acqua fredda, senza asciugarci i capelli, senza pensare alla cervicale, a bordo del motorino, in due “dove andiamo? Ma che ci frega? Andiamo a farci un giro... è giugno!”. Davanti a noi c’è tutta l’estate del mondo con i suoi tempi dilatati, la speranza del giorno dopo, dove non c’è niente da fare e si può quindi fare tutto, o meglio il cervello “sente” che si può fare tutto e decide, guarda un po’, di non fare proprio niente! Le giornate più lunghe, finte come una parrucca, sono appunto come extensions, allungate, per farci provare quell’ebbrezza dei capelli sciolti...
A giugno si è in un attimo più belli: nel primo weekend, si prende quel “solino” che al ritorno, dopo una crema idratante, ci dà quella luminosità paragonabile al flash di un fotografo professionista. I problemi sul luogo di destinazione della vacanza si risolvono con telefonate allegre, spensierate, c’è tempo: è giugno... Se un amore finisce a giugno, ma qual è il problema? Ecco mille soluzioni, ecco mille flirt pronti a farci battere il cuore di nuovo con un amore estivo, quello che ricorderemo da vecchi. Il più bello: un viale alberato sotto un chiaro di luna, una cicala che ancora non vuole smetterla, una mano che senti addosso in un soffio e un bacio! Un altro scenario? Una spiaggia umida dopo una vodka-lemon, andiamo a vedere il mare, tac, fatto! Quanti anni abbiamo? Non lo so, so che è giugno. Come dimenticare che a giugno FINISCE SCUOLA? E tutte quelle bombe d’acqua che si lanciano addosso quei ragazzi ci fanno invidia e cosa daremmo per tirarcele noi oggi sui gessati e sui tailleur perché tanto che ce frega? È giugno!
Giugno è stupendo, perché sai che davanti a te c’è ancora TUTTO luglio, e poi TUTTO agosto, e lunedì, il lunedì più brutto dell’anno, arriverà solo a settembre, che piace solo ai workaholic...
E quindi tutta questa pioggia di giugno non è servita a niente, e ha fatto solo danni, e mi ha accorciato giugno e solo da domani (il “domani” vero, non luglio) farà caldo per sempre!
Che pizza, voglio già il cappotto.

venerdì 10 maggio 2013

Un tavolo innamorato

Ieri sera in una storica trattoria romana, Otello alla Concordia, ma come molte, ora quasi esclusivamente frequentata da troppi turisti, c’era un tavolo innamorato accanto al mio. Una coppia: lui 70 in forma, lei 65 pure ma capelli da vecchia con una brutta messa in piega. Si erano ovviamente regalati una “vacanza romana” e visto che erano là, dove ero io, non avevano sbagliato niente, nemmeno una cena. Lei ordina farfalle al pesto (belle, mi dimentico sempre di farle), il piatto di lui tarda ad arrivare, lei amorevolmente cerca di aspettarlo, lui amorevolmente le fa notare che si fredda. Lei lo finisce, finalmente arrivano i suoi rigatoni cacio e pepe cremolati alla perfezione, io bava alla bocca visto che per dieta stavo con una tagliata al rosmarino senza patate e una boccia di Nepi verde! Lui mette il piatto al centro per farlo assaggiare anche a lei, un po’ come Biagio (il Vagabondo) fa con Lilli quando col muso spinge verso di lei la polpetta. In quel momento mi sento male “ma guarda questo ancora che le offre il piatto giusto da ordinare dopo che lei si è sfondata di farfalle!”. Non ricordo gli altri loro piatti, perché ero completamente immerso nella mia cena dietetica, ma incrociavo spesso i loro sguardi stravolti dal mio gesticolare esagerato, i continui richiami ai camerieri, il sale, un’altra boccia d’acqua, quando arrivano gli spinaci? Guarda quella come s’è vestita, senti quello come urla, ma si può parlare inglese così: “mai fader uos veri frend ov Marcello Mastroianni, dis is mai son, bello, eh?”. Questa era l’atmosfera che attorniava questo tavolo innamorato. Sentivo che provavano la sensazione di essere in un film di Minghella: “È proprio così Roma... che bello amore, sei contenta? Lo vedi questo accanto come gesticola? Siamo in Italia, i nostri figli stanno bene a casa loro nel Wisconsin, noi siamo ancora in salute con le polizze sanitarie in regola, ci siamo fatti un mazzo così tutta la vita, e adesso abbiamo viaggiato in Magnifica, siamo a Roma, vicino a Spanish Steps, ci stiamo bevendo un Chianti e guarda questo accanto a noi come urla, mi ami?”. Devo dire che rosicavo, mentre azzannavo la cicoria parlando della vita con un mio amico, alla vista di questi due in love. E poi arriva il conto. Il loro. Il cameriere lo porge a lui, lui lo apre lentamente come una lettura a poker, davanti a lei, un’occhiata furtiva e la carta di credito copre il saldo. Lei VOLGE LO SGUARDO DALL’ALTRA PARTE!!! E io sono morto. Perché oggi, nel 2013, osservare l’esercizio di un pudore figlio di un’altra epoca in una trattoria romana da parte di due stranieri innamorati, è veramente un privilegio. Perché allora è vero che esiste ancora l’amore che dura oltre tre anni, esistono ancora Lancillotto e Ginevra, Paolo e Francesca, Giulietta e Romeo, la Bella Addormentata e il Principe Azzurro. Si sono alzati e con un sorriso ci hanno salutato in francese (la lingua dei cugini). Che devo dire? Chapeau! Loro perfetti, come la loro serata.
Nonostante il tavolo accanto. Il mio.

venerdì 15 marzo 2013

Buonasera!



“Fratelli e sorelle... buonasera!”. Dentro questo buonasera c’è tutto. C’è un mondo di buona educazione per esempio, ma anche una buona dose di show. Ve la ricordate la sigla di “Doppia Coppia”, lo show del sabato sera con Alighiero Noschese, Bice Valori, Lelio Luttazzi e Sylvie Vartan? La cantava proprio lei: “Buonasera buonasera, che piacere che mi fa, incontrarmi di nuovo con te”. Infatti “Buonasera” è la PRIMA parola che devi dire quando entri in scena, per salutare il pubblico che è venuto a vederti, e in quel caso che fai, non lo saluti dal palcoscenico più importante del mondo? Ma chi altro te la da una platea come quella? Altro che sabato sera, quel balcone di San Pietro potrebbe far rosicare pure Fiorello! Poi, dopo i saluti, una battutina sulla lontananza del suo paese “quasi alla fine del mondo!” e dopo tutto il resto, senza impaccio, con scioltezza, davanti a gente che gli vuole già bene e lui lo sa, perché è un uomo che ha preso gli autobus e non le Mercedes! Mi è sembrato il discorso reclamato da tutti gli invitati di una festa a sorpresa (per loro) “di-scor-so, di-scor-so!” e infatti lui prosegue “Ma siamo qui... Vi ringrazio dell’accoglienza”... Fantastico! Poi, un colpo di teatro: “Vi chiedo un favore...” attesa di tutti (che vorrà, manco ha cominciato già chiede ‘na cosa?). “Vi chiedo che voi pregate il Signore perché mi benedica...”. (Ah, ‘na preghiera, va bene! Chissà che me credevo! Ma certo, che problema c’è?)...
Insomma molto bene questo primo affaccio e se il buongiorno si vede dal mattino, in questa occasione si può dire che il buongiorno si vede da una buonanotte! E buon riposo! Ci vediamo domani, ok? Vi saluto... A presto, ciao, o come dite voi? Bella!

PS: tanto per festeggiare come si deve, domani pure una gita a li Castelli, a Castel Gandolfo, a trovare il papa emerito. I primi due uomini al mondo che possono dire una frase del genere: “è stato un brindisi tra colleghi!”.