venerdì 29 maggio 2009

Donne che vanno a cena fuori


L’altra sera durante la partita Cagliari contro Santa Sede (a vedere le maglie, questo sembrava la finale) in tutta Italia si sono verificate cene separate, gli uomini con gli uomini e le donne con le donne, nella fattispecie gli uomini a casa con le pizze, e le donne fuori al ristorante con le amiche. Chi si è divertito di più? Vediamo: gli uomini tra di loro si saranno fregati le mani pensando alla bella serata che li aspettava senza le mogli per vedere la partita, tutti vestiti sbracati, in mutande e zoccoli. Per cena, tra il primo e il secondo tempo, tranci di pizza a taglio, supplì, olive ascolane, filetti di baccalà, tutta roba unta e soprattutto fredda perché non c’è nessuno che te la riscalda. Ovviamente tutto annaffiato da birra gelata, almeno quella, che solidifica il tutto nello stomaco in un monoblocco di ghiaccio che provvederà a dare il colpo finale a quel povero fegato appesantito da un intero inverno di Champion’s. Dopo la partita, e i commenti scemi con gli amici, anche a base di sms con quelli che non sono potuti venire, si parla finalmente di donne, non le mogli ovviamente, ma quelle impossibili. Quelle che non li guarderanno mai una volta nella loro vita, quelle che passano durante le pubblicità, tutte le giornaliste, quello che non succede quando arriva Ilaria D’Amico:
- Mamma mia che je farei...
Ma che le faresti? Eh? Ma quando mai la conoscerai, ma quando mai ti rivolgerà non dico la parola ma almeno lo sguardo? Passa un promo con la Marcuzzi?
- Aho, ma questa più passa il tempo, più diventa bona, ma com’è?
e ricomincia il tormentone:
- Mamma mia che je farei...
Finiti i commenti assurdi, chiusa la televisione, tra tutti gli uomini passa uno sguardo cospiratore:
- Ragazzi, la facciamo una follia? Chiamiamo una che ci fa la lap dance a casa??
Tutti si guardano trepidanti ed eccitati come lupi, ma poi: “no, ma come fai, ma lascia perdere, ci arrestano...” e poi si prendono in giro: “tu muori, a te viene l’infarto, ma lascia perdere, ormai è tardi, arriva tua moglie, no no, andiamo a casa ciao...”. E la serata finisce con uno saluto triste, avvilito, senza speranza...
Dissolvenza sulla cena delle donne. Si sono vestite carine, sempre e comunque, hanno prenotato in un ristorante, e hanno parlato, semplicemente, questa è la cosa bella, tra di loro, di tutti i loro problemi ma senza lamentarsi, no, anzi scambiandosi informazioni su come risolverli meglio. Hanno mangiato bene, pulito, un bel piatto di spaghetti pomodoro e basilico, un bicchiere di vino, hanno commentato con garbo il cameriere carino che le serviva al tavolo e pur potendolo sedurre in due minuti non lo hanno fatto perché loro pensano comunque ai loro mariti scemi che stanno a casa, e queste cose non le prendono nemmeno in considerazione. Pagano il conto e se ne vanno a prendere un gelato o addirittura un drink e, se vogliono, pure a farsi due salti in un locale e solo quando sono stanche ma felici e divertite tornano a casa, e chi trovano? Una bestia che russa sul divano, per terra un ammasso di lattine vuote, cicche, tovagliolini di carta ovunque. Loro guardano impietosite quell’orso, lo lasciano dormire, aprono solo la finestra per cambiare l’aria pesante, gli danno anche un bacio, chiudono piano la porta e vanno a dormire, da sole...
Queste sono le donne che vanno a cena fuori.

giovedì 28 maggio 2009

Il moschettiere di Carla


Frank Demules, un moschettiere, che ha vissuto all’inferno buona parte della sua vita e che viene salvato da una modella di rara bellezza e che poi da una sera alla mattina diventa regina di Francia, Carla Bruni! Chi non lo vorrebbe? Tutti, appunto. A patto però di non aver vissuto esattamente quell’inferno che ha vissuto Demules, che dalla madre è stato consegnato a un tutore pedofilo giornalista di Liberation, che in cambio dei suoi insegnamenti pretendeva poi attenzioni di risarcimento. Tuttavia Frank riesce a sposarsi con un’attrice bellissima, ci fa una figlia, Pandora, ma la moglie muore e lui sprofonda in un vortice di droga, alcol e chi più ne ha più ne metta, che gli fanno fare un “piccolo giro all’inferno” titolo della sua autobiografia. Solo la conoscenza con Valeria e successivamente della sorella Carla gli permetterà di aggrapparsi a quell’ancora di salvezza che lo porterà a diventare l’assistente della modella e a tenergli l’agenda! L’agenda di Carla Bruni, un piccolo moleskine nero con i numeri di Mick Jagger, Valentino, Leonardo Di Caprio, Leonardo Da Vinci, Sarkozy, il Papa, insomma numeri così... Tu pensa alla gioia di non sentirti mai dire di no: chi è che ha detto “no, stasera non posso” alla Bruni? Se quella vuole uscire, tu ti catapulti sulle scale di casa sua e la porti dove vuole e assecondi tutti i suoi capricci, sperando di ricevere come mancia alla fine della serata un sorrisetto a mezza bocca e basta, non certo un “merci...”. Io me lo immagino Frank Demules che comincia le telefonate in nome e per conto di Carla:
- Buongiorno sono Frank Demules, Carla voleva sapere se per caso...
- Ma certo!
- Ma non ho ancora detto niente...
- Va benissimo, tutto quello che vuole, va benissimo!
- Va bene, allora noi passeremo verso le...
- La aspettiamo! Quando vuole noi l’aspettiamo!
- Bien! - Frank Demules, chiude il telefono con un sorrisetto, si accende una sigaretta, una gauloises, manco a dirlo, tira una boccata lenta e guarda Carla:
- Ci aspettano... quando vogliamo...
Lei si alza nuda da quel divano bianco, con gli stivaloni neri lucidi, è in bianco e nero, lei, Frank, tutto a casa sua è in bianco e nero, e avanzando verso di lui dirà:
- Tu dici che andrò bene cosi?
- Ma certo...
E dove andranno? All’Eliseo, con una Ford Fiesta sporca, scassata, con i tergicristallo rotti e piena di peli del cane di Frank, un bastardino, manco a dirlo... la sicurezza li farà passare senza indugio e Frank aspetterà fuori come si conviene a un moschettiere della Regina. Ma non c’è il tempo di accendersi l’ennesima gauloises che squilla di nuovo il cellulare di Frank, un vecchio Nec appiccicaticcio e senza qualche tasto. Frank lo guarda, indeciso a rispondere, dopo 8 squilli finalmente decide di rispondere annoiato, è il presidente Sarkozy:
- Frank, mi piacerebbe incontrarla...
e certo, anche Sarkozy sa benissimo che avrà bisogno di Frank per tutta la vita se vuole vedere spesso Carla, perché come diceva mia nonna, “anche la regina ha bisogno della vicina!”.

mercoledì 27 maggio 2009

Se questa è una cameriera.


Mi chiedo cosa fa George Clooney per conoscere una cameriera dietro l’altra, e soprattutto cosa ci trova, per poi farle diventare sue fidanzate, ma siccome siamo amici voglio capirlo e mi sono immaginato questo:
George innanzi tutto ha seguito la prima regola di Hollywood, mai con colleghi, non serve, se si mettesse con un’attrice diventerebbe pazzo, nessuno potrebbe consolare l’altro: tutti e due hanno gli stessi problemi, non ci sono spalle su cui piangere, sono già occupate dai problemi personali. E quindi si rivolge altrove, dove c’è un posto libero per piangere in santa pace: in Italia, casa di tua madre, in America, un bar! George la sera, stanco dalle riunioni in ufficio, fa quell’ora pazza dell’aperitivo che ti permette di mangiare qualcosa senza sfondarti e di darti, con un poco d’alcool, quella botta di stordimento che ti renda più digeribile il concetto di vita e cioè una parabola a termine senza senso, e si reca in uno dei bar dove non guardano come sei vestito anche se so che entra con una maglietta tipo polo, e un paio di chinos regolamentari color sabbia, insomma i miei, un paio di mocassini car shoe, quelli di Della Valle e del mio amico Maurizio Tedesco, quindi impeccabile, insieme a quell’aria un po’ stropicciata che tanto piace a tutti, e diciamo che ordina un negroni, (non certo un Aperol Soda come negli spot che vediamo in tv, che rappresentano una vita immaginaria che non esiste). Insomma ordina un negroni e arriva una ragazza, carina, una semplice ragazza carina che nemmeno lo guarda e non gli dice “Ma tu sei George Clooney!”, che glielo serve con gentilezza e un sorriso pieno di compassione... George la guarda riconoscente e le fa un sorriso triste continuando a seguire i pensieri lugubri sul senso della vita. Tuttavia non può non aver notato la gentilezza della ragazza che in un secondo momento, al secondo Negroni, gli ha chiesto, senza chiamarlo per nome, importantissimo, semplicemente “Come stai?”. Ma glielo ha chiesto guardandolo negli occhi, anticipandogli nel tono di voce la risposta “male” e rispondendogli con lo sguardo che lo sapeva da tempo, che è da un po’ che lei se lo chiede, e quindi diventa più facile aprirsi e meravigliarsi di come in una ragazza semplice, che fa la barista per pagarsi gli studi, ci sia così tanta profondità e comprensione... In quel momento il mio amico George non se la sente di rimanere solo e le chiede se quando “stacca” le va di fare un giro... solo in quel momento quando aprirà la porta di casa... capirà che si tratta di una ragazza alta 1,75, vestita con un jeans che mitiga quei fianchi straordinari e che la maglietta del bar non poteva esaltare una chicchissima terza naturale, avvolta in una nuvola di Oyedo, non serve stappare il Krug, basta il negroni a far scivolare George in un caldo abbraccio di una modella che vedremo nel prossimo spot Nespresso! George, amico mio: come ti capisco!

mercoledì 20 maggio 2009

Il funerale ideale


Togliamoci subito dalla testa quello dei papi, è ovvio che chiunque di noi sogni che un colpo di vento possa sfogliare tutto il vangelo e poi chiuderlo senza farlo cadere dalla bara, ma lì se non hai poteri speciali che nemmeno tutti i papi hanno, devi solo chiamare Rambaldi che con dei fili invisibili prova a tirale le pagine, insomma è difficile.
Poi c’è quello di Lady D, al quale io ho presenziato in gramaglie con le mie amiche Alessia e Olimpia in nero, in tv ovviamente, e poi siamo andati al lunch, in trattoria sotto casa! Difficile a credersi ma esiste il cd del Funeral Service, questo il titolo, della BBC: in quel caso non è da tutti avere Elton John che canta una sua canzone all’organo della chiesa, Westminster Abbey tra l’altro, e tutti i coronati d’Europa, oltre a quella inquadratura pazzesca della bara su un fusto di cannone che passava sotto un archetto, con il braccio della telecamera che fa un giro sopra, stupendo, in MONDOVISIONE! (pochi sanno che quel funerale era in realtà quello che era stato organizzato per la Regina Madre, quella simpatica, a Buckingham Palace non avevano tempo di prepararne un altro diverso e pensa a quanto ha rosicato Elisabetta a dare l’autorizzazione).
Per rimanere in casa nostra, c’è il caro Enzo Jannacci che nel suo pezzo più famoso fa una giustissima riflessione:
Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale.
Vengo anch'io. No, tu no.
Per vedere se la gente poi piange davvero
e capire che per tutti è una cosa normale
e vedere di nascosto l'effetto che fa.
Infatti un'altra idea sarebbe quella di farlo finto, innanzitutto per vedere chi viene e chi no, chi piange e chi no, chi si distrae, chi ridacchia, chi tiene acceso il cellulare, ma se poi, appunto, non essendo morto, ti accorgi di queste leggerezze, tanto vale morire per non sapere... vi ricordo che Catherine Deneuve lo tenne acceso al funerale del suo Marcello Mastroianni, le squillò ovviamente (vallo a sapere chi era e siccome non esisteva il comando “muto” e non lo trovava nella borsetta Chanel o Hermes che fosse, lo lasciò squillare per secondi interminabili...).
Eppure c’ è un modo per organizzare l’evento come si deve e cioè il protocollo Agnelli che l’altro ieri prevedeva la lista all’ingresso di chi poteva entrare tra amici e parenti. Fiori bianchi possibilmente del proprio giardino, bara nuda in terra more nobilium, secondo il costume dei nobili, e poi il lunch a seguire dopo il rito, nella fattispecie il mio pranzetto preferito, fritto misto, pizze cotte in forno a legna, prosciutto e melone, champagne! Il tutto sotto grandi ombrelli bianchi a dirupo sulle coste del Monte Argentario. Le ceneri saranno poi disperse in mare in un giorno di tempesta. E io mi immagino Brunetto , il fedele maggiordomo dell’avvocato Agnelli che, fedele alla consegna, ogni giorno scruta il meteo su lastampa.com per vedere se per caso c’è burrasca dalle parti del Monte Argentario, nel caso prendere un elicottero della flotta privata di casa Agnelli, calarsi con una fune dal verricello che manco Lacedelli, e spargere le ceneri sul Tirreno in tempesta.

martedì 19 maggio 2009

Donne Zavorre


Per una volta voglio difendere la categoria degli uomini, stiamo parlando di un certo tipo di poveracci, quelli che a un certo punto della loro vita decidono di mettersi insieme o meglio di sottomettersi a una donna terribile, la donna zavorra! È un tipo di donna, molto intelligente, molto seduttiva, una sorta di Black Widow, che ti succhia tutta la miscela dal serbatoio con un tubo che le hai prestato tu! Chi si accorge del pericolo di questa donna? Normalmente un’altra donna, che ancora più furba, lascia fare, l’uomo dovrà accorgersi da solo di quanto è scemo. Sotto questa donna dal fascino irresistibile, l’uomo da il peggio di sé, e solo privandosi di questa presenza riesce di nuovo a spiccare il volo. Non vi è mai capitato di vedere delle opere di uomini che dopo un divorzio anche chiacchierato riescono finalmente a tirare fuori quello che erano prima del matrimonio, come se una porta improvvisamente si spalancasse sul buio facendo finalmente entrare di nuovo la luce? Facciamo finalmente un esempio: se Guy Ritchie, il regista di “Rocknrolla” incontrasse Sean Penn e Warren Beatty al Nighthawks di Edward Hopper, avrebbe questo dialogo:
- Ragazzi sono riuscito a fare finalmente un film decente, da quando mi sono lasciato con mia moglie, sapete?
- Sì, lo sappiamo, ci siamo passati pure noi...
e infatti io voglio darvi nome e cognome della regina di queste donne zavorre: Veronica Ciccone, al secolo Madonna, quando passa lei non cresce più un’idea, le succhia tutte lei. Pensateci bene: Warren Beatty con Madonna ha fatto il suo film più stupido “Dick Tracy”, Sean Penn ci ha recitato in Shangai Surprise, ne vogliamo parlare? Il voto su IMDB è 2,6! E il povero Guy Ritchie appunto non solo ha fatto il film più brutto della storia del cinema di tutti i tempi, “Travolti”, ma ha passato gli anni più brutti della sua vita accanto a questa pazza che gli ha pure imposto le regole di divorzio più assurde del’universo!
Quindi, amici, adesso vi guardate attorno, allo specchio, e se non lo avete, andate dalla vostra più cara amica, dovete averne una, altrimenti non siete uomini e le chiedete:
- Secondo te, io sto con una donna zavorra? - Se vi risponde:
- Devo dirti la verità? - voi avrete già capito che la risposta è sì, quindi la lasciate immediatamente con un sms, a lei non gliene fregherà niente, si metterà solo alla ricerca di un altro uomo mongolfiera, un pallone gonfiato, come eravate voi fino a un minuto fa!

giovedì 14 maggio 2009

I drammi della mezza stagione


La mezza stagione è quella terra di mezzo che non sopporto perché chi ama il bianco o il nero, i sapori decisi, le differenze nette, insomma lo ying o lo yang, non può apprezzare l’inevitabile disagio di questi giorni, i giorni della mezza stagione.
Sono quelli dove cominci a modificare le tue abitudini quasi senza accorgertene: in ordine cronologico, quando fai colazione improvvisamente scopri che non ti va più il cornetto con la crema o il danese caldo e croccante e al barista che ti guarda con gli occhi di fuori ordini solo “no grazie, oggi un caffè e basta!”...
Vai in ufficio e cominci a parcheggiare di nuovo il motorino all’ombra, se no quando lo riprendi e ti ci siedi, la sella è rovente.
Vai a pranzo e ti basta un insalata, dopo prendi il caffè e comincia la tachicardia! Se vai in palestra come ti avvicini al tapis roulant, nemmeno ci sali, sudi, come lo vedi!
Sono i giorni in cui cominci a non sapere più come vestirti, perché la mattina esci e fa freschetto, poi di colpo a pranzo fa un caldo micidiale, e appena tramonta arifà freddo un’altra volta, se ti porti il maglioncino dietro ti prendono in giro, se non te lo porti poi ti penti
e ti scopri a pensare quello che da piccolo sentivi e non capivi: “questo è il periodo che fa più freddo a casa che fuori!”. Il cambio di stagione ancora non lo fai e quindi hai sia le cose estive che quelle invernali in giro per casa. Per lo stesso motivo, i turisti che già d’inverno si vestono con le maniche corte adesso arrivano in bikini come se fossero al Tirrena di Anzio! Non ci sono più i vernissage delle mostre, ma solo gli internazionali di tennis, i campionati di beach volley, il campionato di Piazza di Siena, se ti dimentichi gli occhiali ti senti male, c’è troppa luce ovunque...
Questa è la mezza stagione, e anche per l’amore è così... non ti va di vedere più nessuna gattina e anche se le chiami manco a loro va più di vederti, ma insomma che succede? Gli è (Collodi) che durante la mezza stagione comincia quel periodo che tecnicamente si chiama CAMBIO di stagione, è come cambiare lavoro, cambiare paese, cambiare donna, praticamente cambiare vita, ti senti debole, e quindi devi andare dal dottore che ti da la cura RICOSTITUENTE, le vitamine, quasi sempre del gruppo B, cominciano i primi lampi della depressione che a Ferragosto ti farà dire “non vedo l’ora che arrivi settembre”, e cominci a sognare tutti i film che usciranno dopo il Festival di Venezia, i nubifragi improvvisi delle 4 e mezza, il freschetto delle 18, l’aperitivo con la luce di mezzo che fa quasi sera...
Mi accorgo solo ora che in realtà il vero dramma della mezza stagione è che semplicemente sta arrivando l’estate.

mercoledì 13 maggio 2009

Castiglioncello 62


Oggi comincia il Festival di Cannes ma non importa perché quello che pensiamo possa accadere lì, un fritto misto di amori, glamour, gossip, cinema e champagne, in realtà è già accaduto qui negli anni del boom economico dell’Italia più bella di tutti i tempi, l’Italia in bianco e nero del Sorpasso di Dino Risi. Siamo infatti a Castiglioncello nel 1962, soprannominata la Perla, ma detta dagli amici Casti, si viveva un atmosfera molto più bella, elegante, rilassata, tranquilla ed eravamo i signori del mondo, eravamo invidiati e ammirati, sulla spiaggia si sentivano solo questi nomi:
- Alberto, Bice, Marcello, Paolo, Suso, Mario...
nomi di chiunque si dirà, ma adesso vi dico i cognomi: Sordi, la Valori che non voleva saperne che l’estate stesse finendo, Panelli, Monicelli, Mastroianni, la Cecchi D’Amico, che andava e veniva a Castigliocello da un altro set, quello del Gattopardo, ognuno con ruolo rispettato da tutti, uno era regista, altri erano sceneggiatori, altri scenografi, altri musicisti, certo c’era anche Nino, Rota ovviamente, altri facevano gli attori e la cosa fantastica era questa: gli bastava! Questo era il trucco del cinema italiano...
L’avvocato Roscioni dava a tutti l’orario per Rosignano Marittimo, lo preparava proprio lui su un piccolo cartoncino che poi distribuiva agli amici, si prendeva quindi un trenino che in tre ore ti portava su, un amico ti veniva a prendere alla station per volare subito ai Bagni Ausonia dove andava anche la mia amica Fabrizia oppure ai Bagni Miramare dal bagnino Adello Pelosino che ti apriva subito sdraio e ombrellone indicandoti la ragazza da puntare giusta per te, una ragazza magari da tre settimane da raccontare, una ragazza che stanno suonando la nostra canzone, e se prima di fare un tuffo gli chiedevi:
- Adello, com’è l’acqua, fredda?
lui ti rispondeva:
- No, non è fredda, semmai tonica!
Facendoti capire che dopo il bagno uscivi tonico come un cubetto di ghiaccio! In alternativa al bagnetto tonico si poteva prendere un motoscafo, che era IL motoscafo, il Riva, bellissimo, sobrio, ci portavi sopra una ragazza a fare un giro con il panierino che dentro aveva una bottiglia di Verdicchio gelato, il tramezzino fatto dalla tata con i pomodori e la maionese, qualcuno anche col tonno...
Quella ragazza poteva essere benissimo una come Catherine Spaak con il suo copri costume anni 20 a righe orizzontali comprato a Piazza di Spagna nel negozio The Whip e che poi andò a ruba, proprio come a Cannes lanciano un tatuaggio!
Ulteriore alternativa era la macchina, che non aveva nessuno, e quindi l’Aurelia era vuota, ed era l’Aurelia, cioè la Strada Statale numero 1 che portava proprio in Costa Azzurra, e proprio a causa di quell’inesistente traffico Bruno Cortona fece quel sorpasso azzardato con una Lancia Aurelia. Fu lì che purtroppo il nostro miracolo italiano s’interruppe, s’infranse sulla curva del Romito, e con lui pure noi che adesso non dobbiamo più prendere l’Aurelia, ma un aereo per andare al Festival di Cannes... Ma quanto ci va? A me per niente... Io mi vado a fare un drink, a base di Verdicchio...

martedì 12 maggio 2009

Bacharach 81


Oggi compie 81 anni un uomo che disprezzo, ma che in realtà io amo disperatamente per avermi catapultato in scene che non esistono, per avermi fatto vivere sensazioni struggenti come la sera che volge al termine, ma anche il braccio fuori da un decappotabile, un trench chiaro buttato su una spalla, una sciarpa di cachemire persa e ritrovata:
Burt Bacharach. Ma allora perché lo odio? Primo perché rifarlo a orecchio è difficilissimo ma quando ci riesci gli occhi ti si illuminano compresi quelli di chi ti guarda; secondo perché rosico, come Salieri con Mozart, e terzo perché io “sento” a naso che anche lui qualche problemuccio con il Mozart che è in lui ce l’ha: il dramma personale di Burt Bacharach è che di faccia non lo conosce nessuno e quindi la gente non sa che è proprio lui, quel bell’uomo di 81 anni che sembra uno di Beautiful ma con pullover orribili, i capelli bianchi e le scarpe da ginnastica, uno che sembra uscito dal libro sulle vacanze in crociera di David Foster Wallace, “Una cosa divertente che non farò mai più”, compratelo, ad aver scritto le melodie più pazze, senza regole musicali, con salti melodici, fraseggi scomposti, ma che ci sono entrate nella testa con un imprintig degno di Intelligenza Artificiale, come le risenti sussulti anche da morto e ti viene in mente di tutto. Un uomo che come io la matriciana (mi viene anche a occhi chiusi, a mani legate, senza assaggiare) così lui ha usato gli strumenti di un’orchestra inventandosi il fatto che un flicorno potesse dare le sensazioni più seducenti di un arpa.
Ma la gente non sa che è lui l’autore di queste melodie, tanto è vero che ogni volta prima di un concerto Burt comincia ad arringare il pubblico dicendo che TUTTA la musica che ascolterete questa sera è stata scritta dal pianoman come lui si autodefinisce, e non va avanti fino a quando non scatta l’applauso, insomma ti pare che questo genio deve avere ancora l’insicurezza di dire che le ha scritte lui, ma se hai il teatro pieno, chi glielo ha detto secondo te? Solo dopo questa doverosa premessa si siede e comincia a suonare le sue canzoni, finalmente, tra l’altro con delle mosse vezzosissime anche perché non può cantare, quello è l’altro dramma, la voce, un raglio roco, simile al mio, io e Burt abbiamo la stessa voce roca e fastidiosa ma che tanti amici amano in privato. Bacharach non ha mai potuto cantare le sue canzoni e quindi, di necessità virtù, le ha fatte cantare ai più grandi cantanti del mondo, una tra tutte la cara Dionne Warwick, ma anche Elvis Costello, e il rapper Dr. Dre, addirittura nel 2005 gli ha mandato un po’ di ritmi:
- Burt, facci quello che ti pare, basta che fai un nuovo disco!
Certo, ogni concerto finisce con lui che accenna “Alfie”, ma insomma è una cortesia, un gentleman agreement tra noi pubblico e lui maestro, tra l’altro nel film per il quale è stata scritta la canta Cher...
Burt Bachrach ha avuto 4 mogli, tutte bellissime, una di queste è stata Angie Dickinson, le gambe più belle d’America assicurate per un milione di dollari, e io penso alle seratine che ha organizzato per sedurle, si sedeva al pianoforte e gli faceva “Close to you”, per forza ci cascavano tutte in un attimo... e vi dico subito che quando arriva a Roma il 24 luglio è proprio questa la domanda che gli farò
- Burt io che ti odio ti chiedo una canzone per amare...
e che mi risponderà?
- Chiama la Streisand!
Quindi tanti auguri Burt, te possino!

lunedì 11 maggio 2009

Maggio, il 10


Insomma ieri sarebbe stato il giorno dedicato alla madre, quindi fiori, forse rose, sono arrivate nelle case di domenica tra i profumi dei sughi, della lasagna, del pollo arrosto, delle pastarelle e del budino royal con un po’ di panna, è arrivato il profumo di un fiore che le è stato regalato dai figli e anche dal marito che, se vogliamo è un figlio in più...
Questi fiori non sono sembrati tanto apprezzati al momento della consegna, infatti la madre in questione non aveva tanto tempo, e dopo la colazione, l’unica cosa della settimana che ha fatto con un po’ di calma, è cominciata la domenica, cioè la giornata numero sette della settimana, il giorno dopo il sabato, il giorno prima del lunedi, un giorno come un altro, perché ieri la madre ha vissuto così: la colazione senza fiori, i ragazzi ancora non erano usciti, e ovviamente non si erano ricordati della festa, il marito col pigiama che non si può vedere appena alzato, ancora con le cispe agli occhi, e solo quando il figlio più piccolo ha urlato:
- Oggi è la festa della mamma!
tutti gli altri hanno detto:
- Ah già, auguri...
e lei ha risposto “grazie” e basta, perché la madre peraltro non tiene a questa festa, non ne ha bisogno...
E quando poi sono usciti tutti, lei ha sistemato un po’ la casa e ha preparato il pranzo, ma la testa era a quando lei era bambina e non era ancora madre, ma già faceva le prove generali, con la sua bambola, facendo finta d’imboccarla con una matita rotta, le cambiava il vestitino ma non avendone altri lo simulava con una sciarpetta facendo finta che fosse un poncho. Con la carrozzina girava per quei lunghi corridoi delle case di una volta, pensando ai parchi dove un giorno avrebbe portato i 10 bambini che senz’altro avrebbe avuto con un principe azzurro. Mentre faceva questi giretti con l’immaginazione, sua madre la chiamava per farsi aiutare ad apparecchiare la tavola della domenica, doveva piegare il tovagliolo e mettere bene le posate, il cucchiaio a destra insieme al coltello, la forchetta a sinistra e il cucchiaino per il dolce sopra il piatto, perché tra poco sarebbe arrivato suo padre e anche i fratelli più grandi e tutto doveva essere in ordine.
Il pomeriggio questa bambina veniva portata al parco dove c’era una giostra e lì poteva finalmente parlare con le amichette di come la sua vita era piena di cose da fare e non aveva il tempo di seguire tutto.
Ecco, erano questi i pensieri di ieri di una madre mentre sistemava casa, mentre preparava il pranzo, mentre faceva il cambio di stagione di tutta la famiglia, mentre faceva i compiti con il più piccolo, mentre sgridava il più grande che voleva uscire, mentre consolava sua figlia di un amore sbagliato, mentre rispondeva al telefono ed era sua madre che si lamentava e lei le faceva gli auguri per la festa della mamma, mentre apriva la porta di casa agli amici della domenica sera che sono venuti a casa a vedere la partita, e quando ieri sera ha finalmente visto quei fiori che forse si era dimenticata di mettere nell’acqua perché se non lo fa lei non lo fa nessuno, si è ricordata che ieri, e solo ieri, per il calendario era la sua festa, la festa della mamma!

lunedì 4 maggio 2009

My Audrey


Ieri su Repubblica ho letto che Audrey Hepburn avrebbe compiuto 80 anni, perché avrebbe? Qualcuno potrebbe dirmi perché se ne è andata16 anni fa, il 20 gennaio del 1993, ma chissà che stavo facendo. Comunque a me non cambia niente: io stasera vado a prendermi un aperitivo, con una splendida 30enne fasciata da un tubino nero, ovviamente siamo appena usciti da Tiffany in Via del Babuino, dove tutte le commesse, molto gentili e comprensive, hanno capito che io non potrò mai regalare un brillocco ma al massimo un forma numero di telefono in argento da 6 dollari... (non euro ma dollari, nel film è in dollari quindi loro lo vendono in dollari!)
Voi pensate che quel deficiente di Truman Capote, autore del libro, edito da Garzanti, non la voleva Audrey Hepburn, perché lui pensava che Marylin Monroe avesse un che di patetico, di incompleto che al personaggio di Holly non mancava. Il fatto è che Holly era una prostituta ma nessuno ci ha mai voluto credere, vedendo una figura naturalmente elegante come quella di Audrey, come ricorda giustamente la mia amica Natalia Aspesi. E quindi Audrey Hepburn, che vi ricordo oggi compie 80 anni, pure se non c’è più, ha impersonato (grazie al 39enne Blake Edwards, regista del film che la sapeva lunga insieme) una giovane donna ideale e sofisticata, che tutte le donne hanno cercato di imitare e tutti gli uomini di avere, di fatto una donna che non esiste, purtroppo.
Quindi io vorrei dire a Truman, “hai toppato!” e meno male! Così io stasera posso uscire con una ragazza stupenda fasciata da un tubino nero, una parure di diamanti al collo, un bocchino lungo lungo e una sigaretta, i capelli raccolti su quella splendida nuca nuda e sapere di essere l’uomo più ammirato del mondo: perché io stasera esco con Audrey Hepburn per festeggiare il suo compleanno. Auguri!