martedì 3 novembre 2015

Ottobre

Ora che il mese più bello dell’anno, ottobre, è finito, sento che nella piogge avvenute a Roma, c’è stata molta più verità di quel bugiardo settembre precedente, più una seria propaggine di agosto che non un preludio all’ottobrata che a noi romani piace tanto. A settembre ho sofferto: faceva caldo, troppo, era umido, non ci sono stati quei diluvi improvvisi  degli ultimi anni che ti facevano dire “si è rotta l’estate”, non c’è stato nemmeno il “brusco” calo delle temperature che tanto ci aspettavamo di sentire dai TG: non è stato brusco e nemmeno “lieve”. Le temperature erano stazionarie. A ottobre, invece, negli ultimi giorni, ho provato un breve primo brividino, subito mi sono detto “ecco, adesso DEVO mettere il plaid sul copriletto”. Ma mi sono fatto una sudata che nemmeno la tachipirina... Ho provato a farmi una tisana per convincermi che “Oh, stasera mi sa che sento un po’ freschetto, casomai mi faccio una tisana che così non mi ammalo!”. Una tazza rovente che mi ha ustionato! Ma insomma quando arriva quest’autunno? Quando?
Dissolvenza...
Un libro giallo, un titolo azzurro: Fiordalisi. Letture della scuola primaria. Vedo un bambino (me medesimo, chiaramente) con un grembiule blu e quel libro dentro alla cartella, insieme alla pizza rossa piegata in due dal panettiere (contro il mio desiderio, perché poi una fetta diventava doppio pomodoro, l’altra era senza, e quando glielo dicevo lui mi rispondeva “mangiala piegata”, e io gli dicevo, “ma così dura di meno” e lui mi rispondeva “ciao, vattene.”). C’è anche un astuccio con 12 matite colorate, marca Giotto, (il rosso era il primo a finire, il rosa l’ultimo). Pioveva sul marciapiede, l’asfalto era lucido, davanti al cancello spalancato della scuola che mi aspetta tutto aperto c’è il portiere della scuola che terrorizza tutti “attenti a quegli ombrelli quando li chiudete, che vi vanno negli occhi!”. La bidella invece aspetta queste furie sull’ingresso della scala (manco fosse il Chrysler a New York) dove sfrecciano tutti per raggiungere i corridoi dove sono le classi. Vicino a ogni porta l’appendiabiti lungo metri e metri, ha due pioli per uno, quello più corto per il cappotto da mettere sotto e quello più lungo sopra, per il cappello (!): erano di legno e probabilmente lo sono ancora. “E l’ombrello bagnato dove lo metto? Sotto o sopra il capotto?”. Che dubbi amletici, i primi grandi dubbi della vita di un bambino di sette anni! Quel bambino coi calzoni corti che vola in classe felice ad attaccare i rotolini di carta fatti con le stelle filanti su un foglio di carta Fabriano con l’inevitabile Coccoina, o che nei prossimi giorni, quando non pioverà più, dovrà raccogliere una foglia ingiallita caduta a terra da un platano, per disegnarne la sagoma su uno strato di DAS, colorarlo a tempera quando si sarà seccato, per poi farne un portacenere da regalare a Nonna che lo metterà sul tavolino basso del salotto per dire alle sue amiche durante un tè “l’ha fatto mio nipote!”.
Questo è Ottobre.
L’ho imparato sul libro delle elementari.