giovedì 18 dicembre 2008

All by myself, è il caso di dire!


Mi è rivenuto in mente un sabato pomeriggio lunghissimo, che non finiva più perché non cominciava il buio, e a me serviva disperatamente, perché io avevo deciso insieme ai miei amici che dovevo “dichiararmi” per la prima volta in vita mia a una ragazza, da solo non ce l’avrei mai fatta, era un comitato composto da svariati amici maschi che già erano passati dal guado! Comunque, sarei dovuto andare da solo, DA SOLO, non tutti insieme, ci vuole coraggio per chiederle se ci mettevamo insieme, così, senza nemmeno sapere perché. Poi l’ho capita questa storia: in realtà era una dichiarazione, non una richiesta, bastava dire “Tu mi piaci” e buonanotte, poi si vedeva... invece purtroppo, equivoco, richiesta di “mettersi insieme”, di fidanzarsi. Avevo fatto tutte le prove di frasi preludio, di premessa tipo ”senti, ti volevo chiedere una cosa”, oppure “senti, ti volevo dire,” oppure “senti, io volevo sapere se per caso” e poi il finale “ti volevi mettere con me!”. Bisognava scegliere il momento adatto, quindi il buio, il lento sotto che per fortuna era questo, tra l’altro ispirato al 2° Concerto per pianoforte e orchestra di Rachmaninov, e vado. Lei era la dj del momento, nel senso che stava davanti allo stereo, il giradischi era un Thorens, quello con il peso piccolo rotondo attaccato dietro al braccetto, l’amplificatore un Luxman, e il disco era ovviamente un 45 giri, (quello che state sentendo adesso) lei si dava un tono, armeggiando con gli alti, i bassi, (altro non poteva fare mica c’era la consolle), aveva una Fruit of the Loom e sopra un pullover a V beige di Benetton, stupenda, io con una camicia a righe, americana, usata, comprata al mercato di Latina, sudatissimo, la voce rotta, le mani una triglia. Mi avvicino e dico: “Senti, io ti volevo chiedere una cosa”
- Cosa? fa lei e in quel momento la musica finisce! Ma proprio adesso?? Il silenzio scende di colpo, tutti si girano a guardarmi, io mentre muoio, con la mano tremolante prendo il braccetto e malamente lo rimetto a casaccio sul disco (e meno male che era un Thorens, quelli non avevano il ritorno automatico e quindi non si spegnevano mai). E ho quindi potuto proseguire il monologo con lei che m’incalzava: “Dicevi?”. Che poi lo sapeva benissimo, lo sapevano tutti che io alle 1730 sarei andato da lei, la classe, la scuola, perfino il portiere dello stabile dove c’era la festa lo sapeva, il postino, tutti, era un argomento di quartiere, “ma che oggi Riccardo glielo chiede? me sa de si...”. Solo io non lo sapevo, insomma io riprendo il discorso e dico testualmente:
- IO VOLEVO SAPERE SE POSSIAMO METTERCI INSIEME”
E lei mi ha risposto: “Non è possibile!” Io non ho chiesto perché, mi andava benissimo così, non ho insitito, se è impossibile, sarà successo qualcosa, magari non può, non ha tempo, i genitori non vogliono, è malata, io non posso mica farci niente, mica è colpa mia, che ne so io, che volete da me. Però mi sono premunito e ho detto subito:
- Però rimaniamo amici...
- Certo...
fa lei, che non gliene poteva fregare di meno è ovvio.., ma io ero felice, mi ero tolto ‘sto dente, questa incertezza, questo non essere né carne né pesce, perché di tuttte le prove da superare che la vita ti riserva, questa era davvero la più spaventosa ed è per questo che oggi io sono felice perché so che per fortuna questa prova non ci sarà più, l’ho già fatto, ho superato l’ostacolo, e quindi sono cresciuto, sono diventato grande! È fatta!

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