lunedì 24 maggio 2010

Uno notte al museo


Il furto al Museo di Arte Moderna di Parigi, mettila come ti pare, ma alla fine fa sempre simpatia. Di tutti i ladri, quello di opere d’arte, è comunque il più chic. Vediamo perché. Primo: non è violento. Qui ci si muove con destrezza, eleganza, le mani non impugnano armi ma bisturi Laguiole che volteggiando in un bagliore notturno liberano dalla cornice in palissandro tele segnate dal genio dell’uomo. Secondo: se ne intende. Non è che tu devi spiegargli con un disegno che vuoi il “Piccione coi piselli” di Picasso. O lo conosci o non lo conosci, non si sbaglia davanti a quadri simili tra loro (succede in arte moderna, per non parlare di quella contemporanea): immaginatevi se il committente di questo furto avesse spedito al museo Orazio e Gaspare, i due balordi della Carica dei 101. Terzo: è elegantissimo. Parliamo di un uomo molto leggero, agile, mai sovrappeso, che conduce uno stile di vita irreprensibile, le mani curate, un goccio di Eau Savage prima di uscire, la sua tuta nera è in cachemire fil a fil, i guanti di vitello, il mephisto che indossa è in goretex, il tutto nero notte. Nella vita deve essere uno di buone frequentazioni, educato, discreto, nessuno sa che lavoro fa, è scapolo, ama l’arte, ovviamente, e non tiene per sé alcuna refurtiva, gli bastano i cataloghi che gli regalano i committenti!
Terzo: è comprensivo. Capisce che chi si rivolge a lui è gente che non potendo permettersi un Braque sul caminetto del salotto, preferisce prenderselo al museo per colmare quel triste buco vuoto sul muro. È il sogno di tutti noi rispondere (come nel film “Il Boss e la Matricola”) a un amico che commenta l’ottima fattura della “copia” della Gioconda nel nostro salotto: “Veramente quello è l’originale, la copia è al Louvre!”.
Non siamo mica matti come Ryoei Saito che nel 1991 promise di volersi portare nella tomba “Il ritratto del Dottor Gachet” di Van Gogh da lui regolarmente acquistato per oltre 100 miliardi delle mai dimenticate lire.
Comunque oggi non vorrei essere nei panni del direttore del museo che sorge vicino al Trocadéro, dove abita Fanny Ardant per capirci. La patetica scusa “la ditta dell’antifurto non aveva il pezzo di ricambio...” fa il paio con la battuta del film. Ma sei pazzo? E non lo chiudi, se manca il “volumetrico”? Tanto è vero che al nostro Arsenio Lupin è bastato un sasso per il vetro (ah, manco blindati li hai messi, come ce li hanno tutti a casa propria, anche Fanny) e una cesoia per il lucchetto (manco fosse un armadietto della palestra) per entrare come un gatto siamese (quelli di Lilli e Il Vagabondo) e con 4 salti arraffare quelle tele in pochissimi minuti. Per il direttore incrociare gli sguardi del quartiere sarà sentirsi come Louis De Funes nel ruolo dell’ispettore Juve contro Fantomas. Vedete come tutto sembra un film? Tanto è vero che in queste storie è frequente il lieto fine. I capolavori rubati spesso vengono ritrovati per la gioia di tutti noi poveracci che facciamo la fila davanti i musei per andarli ad ammirare. E il più contento è proprio il ladro gentiluomo: davanti al furgone blindato che riporta la tela al museo, c’è un uomo che si accende una Gauloises, e dando una scossa alla copia dell’Equipe che si ritrova tra le mani, sorride sornione: “lo riprendo quando voglio...!”.

1 commento:

M. Grazia ha detto...

... la classe non è acqua ... niente a che vedere con l'altrettanto famoso (ma più bieco e ciarlatano) Arsenico Lupòn, assai galate e molto ladròn di "AlanFord-iana" memoria ... anche se quest'ultimo mi sembra sia stato segnalato in ambienti molto vicini al Palazzo ... peccato che il ddl intercettazioni non ce ne darà mai la certezza ...