mercoledì 24 marzo 2010

Come può uno scoglio arginare il mare


Nell’estate che mi faceva dire che avevo ancora vent’anni, una sera al tramonto davanti l’Isola della Maddalena, ero andato a raccogliere 7000 giorni di ricordi su uno scoglio. Non ero solo, appena arrivato avevo trovato un uomo da 18000, di quei giorni. Pensavo di poter essere “all’altezza” e che già solo il gesto che ci accomunava poteva autorizzarmi a stargli vicino su quello scoglio sul quale peraltro era arrivato prima lui.
Che scemo, ma come potevo competere con quella lunghezza di sguardo?
Lui era da solo cercando una calma che gli serviva per fare i conti con se stesso e guardava quel giorno che finiva come un’occasione persa, io come una sera ancora da vivere.
Eravamo entrambi in un villaggio valtur dove raramente si appartiene a se stessi: si è solo dei clienti e poi di altri clienti per 4 mesi di seguito. A inizio stagione sembra un gioco, ma dopo poche settimane si capisce che è un lavoro. A vent'anni credi che possa essere sempre divertente e che un quarto d’ora in raccoglimento possa bastare per sentirsi più importanti di un codice fiscale, ma lui sapeva di avere davanti soltanto 4 mesi in un’isola, senza racconti da fare agli amici al ritorno a casa. Pacchetti di sigarette da fumare, magari a scrocco da gente che ti avrebbe chiesto una foto da mostrare in città durante l’autunno. Drink da bere per non ricordare chi avevi vicino. Indirizzi segnati con promesse impossibili da mantenere. Baci inutili, abbracci tristi e storie da dimenticare. Oltre a quel ragazzo sullo scoglio che non sapeva cosa chiedere o cosa cercare con lo sguardo sul mare.
Perché la comprensione è legata al tempo che passa? Perché ci vuole tempo per capire, perché se ti guardi indietro si sembra sempre ridicoli, perché solo sul letto di morte sarà possibile dire “Ah, ecco, era cosi...” A che serve? Non sarebbe meglio prima? Magari davanti a quel tramonto, arrancando come un granchio per comprendere che per gareggiare con quell’uomo in profondità di sentimenti mi sarebbero mancati altri 11000 giorni di ricordi. E quando l’avrei raggiunto, come oggi, lui mi sarebbe stato davanti sempre e comunque degli stessi.
Ma quando arrivai lassù accanto a lui, nella sorpresa di vedere un ragazzo che cercava qualcosa che forse lui aveva già perduto, mi sganciò uno sguardo e, senza volerlo, un sorriso. E per un attimo ho intuito che non avevo fatto una stupidaggine. A vent’anni. Per una volta.

2 commenti:

F.M. ha detto...

Ric... molto bello quello che scrivi.
Sono un tuo fan da anni e solo da poco ho scoperto questo tuo blog. Ho seguito l'intervista che hai rilasciato per Repubblica con due tizi che ti chiedevano di musica. Mi sei sembrato un gigante in confronto a loro e non sapevo spiegarmi il perchè. Oggi, leggendoti, l'ho capito. Si tratta di libertà, cosa che ti conferisce altre "dimensioni".
Sapendo che apprezzi la buona musica, vorrei infine consigliarti "Maria Rita" una cantante brasiliana, la figlia della mitica Elis Regina. Il suo album "Secundo" ad esempio è musica allo stato puro. Se iresci procurati anche il film che era venduto in doppio col CD. E' un documentario su come è stato realizzato l'album. Da non perdere!
Ciao e grazie ancora per questa bella pagina di letterattura.

Francesco

Ric ha detto...

Ti ringrazio ma lasciami dire che mi trovavo a due giganti della musica Ernesto Assante e Gino Castaldo: solo due come loro /che sanno benissimo di Elis Regina) potevano farmi un'intervista bella come quella e che mi ha permesso di dire 4 cose 4 di musica.