giovedì 29 novembre 2012

Tutti in classe

Non c’è niente da fare, niente: prendete una palestra (per giunta illuminata male da neon che renderebbero un mostro anche Sharon Stone ventenne) con un quadro svedese, una rete da pallavolo, un solo canestro da basket, e metteteci un tavolo lungo formato da banchi di scuola. Da una parte 4 professori e dall’altra un gruppo di genitori con figli tredicenni che spauriti si guardano attorno. È sempre un esame. Sempre. Anche se non si tratta di un’interrogazione ma, come in questo caso, di udienze per vendere “un prodotto”, la scuola, dove vostro figlio passerà quei 5 anni che ricorderà come il periodo contemporaneamente più esaltante e avvilente della sua vita. Lì dentro quella scuola, che per il momento può ancora scegliere, passerà tutti gli stati d’animo, costruirà amicizie che solo la vita potrà dire se degne di tale nome, sarà preda dell’arrivo degli ormoni, che lo sconquasseranno come una betulla al vento, sarà un eroe per i suoi compagni o un “soggetto” che dovrà riscattarsi da grande, gli verranno appioppati nomignoli o soprannomi. Conoscerà l’amore più sbagliato della sua vita, il primo, (e forse l’ultimo), e attraverserà soffrendo come un pazzo ma senza rendersene conto la linea d’ombra che dentro quella scuola, lo sta già aspettando. E, come se non bastasse, andrà incontro a tutte quelle esperienze che noi abbiamo già passato all’epoca indenni ma che ora ci fanno una paura da matti: guidare il motorino, fumare per sembrare più grande, fare tardi la sera. E in questo giorno di limbo, dove i ruoli di professori, genitori e studenti, sono solo annunciati ma non ancora interpretati, ci si ritrova ancora per poco sull’orlo di un fiume che scorre tranquillo, grazie a professori che illustrano gli orari settimanali, i laboratori pomeridiani, i corsi di recupero o meglio i TUTORAGGI (manco alla Apple li fanno), la settimana bianca dal al, la gita di classe dal al, gli esami dal al ecc ecc. Un pensiero comincia stranamente a serpeggiare nelle menti dei genitori, di nuovo davanti a un banco lungo con dei professori davanti. Si tratta di un pensiero assurdo, che aggancia le sue radici a una sinapsi dormiente del nostro cervello. Era una sinapsi piena di polvere che si è data una scossa captando certi discorsi: “Il latino e il greco in 4° e 5° ginnasio sembrano non servire ma esplodono poi al liceo, quando una traduzione v’insegnerà senza volerlo a scrivere e a parlare bene in italiano”, oppure “Vi farà conoscere meglio il pensiero di gente di 2000 e passa anni fa, cose che hanno ancora un senso oggi e che purtroppo nessuno dice più”. Quella sinapsi quindi si sveglia e manda in onda nella nostra mente una scritta lampeggiante, che fa sì che lì in mezzo un genitore alla soglia di “perdere” un “bambino” per vederlo diventare “ragazzo”, sente che l’unico modo per stargli vicino e fare di lui un giorno, forse, un “uomo” è questo: STUDIARE!


8 commenti:

Anonimo ha detto...

La scuola insieme alla casa è il luogo per eccellenza. Su quelle mappe che ti fanno disegnare da piccolo non manca mai la TUA casa, la TUA scuola, una chiesa (con crocione sopra) e magari in qualcuna più raffinata un parco e un cimitero. Ma la scuola c'è, c'è sempre e forse perchè sono cresciuta in una famiglia di professori, forse perchè studio lettere, forse perchè non ho i soldi per comprare una vera lavagna da mettere incasa, che un giorno vorrei diventare professoressa: sbirciare qual mondo in cui sono vissuta e inconsapevolmente, mentre mi facevano apprendere qualcosa, apprendevo un qualcos'altro di infinitamente più utile: le relazioni umane. e poi chi se lo scorda più quel piatto di pasta fumante sul tavolo che ti faceva lanciare la cartella e dare una lavata alla buona a quelle mani luride di matita?

elisa z ha detto...

...io ho il ricordo della polvere di gesso sulle mani e sui vestiti, quando prendevi in mano quel rotolino gonfio di polvere che serviva a cancellare la lavagna o si trasformava in una bombetta da lanciare al compagno antipatico!!
grande riccardo...buona giornata a tutti!!

Sissi ha detto...

Com'è vero! Nell'elenco di motivi per i quali ringraziare i miei genitori il liceo occupa le prime posizioni. Ricordate l'incontro di orientamento in terza media? Il mio fu disorientante! La mia prof di lettere mi spingeva al classico, la prof di matematica allo scientifico, la prof di educazione artistica all'artistico...insomma sembrava avessi inclinazioni a 360°, per la qualunque, come direbbe qualcuno! Svicolandomi da questi consigli davvero illuminanti, scelsi poi il classico. Si comprende forse meglio a distanza di qualche anno quanto quella scelta fosse stata indovinata perchè, diciamocelo, orientarsi fra tutte quelle declinazioni, coniugazioni, tempi, modi, dativi e ablativi, vocabolari e dizionari lì per lì non risulta proprio una passeggiata. Se poi ci aggiungiamo una professoressa-iena al ginnasio (che quindi, a parte ginnastica e religione, faceva tutto!) che è riuscita a decimare la classe...Invece poi capisci che l'individuo che sei diventato e la forma mentis che ti sei conquistato è un regalo che ti consente di apprezzare appieno tutta la bellezza che incontriamo sotto qualunque forma, che sia un verso di poesia, una pennellata su una tela, una battuta intelligente!
Si riesce a diventare anche più forti, perchè nel frattempo dovevi rispondere a tutti gli altri studenti degli altri istituti che invece ti consideravano secchiona e pure perditempo a studiare tutte quelle lingue morte! PER ASPERA AD ASTRA!

pupa ha detto...

come sissi, anch'io ho fatto il classico e tuttora ringrazio e benedico mia madre che mi ha aiutato durante quelle infinite ore passate sui libri;
di quegli anni però mi rimane solo una nota amara, il terrore della glaciale professoressa mazzalupi, insegnante di latino e greco. le sue occhiate erano più fredde della nevicata dell'83, quella che tenne a casa i romani per giorni interi.
per ritornare al post di riccardo, quello che non viene mai detto ai ragazzi è che la cultura e lo studio non servono solo per ottenere il pezzo di carta o per un lavoro futuro. ma servono per la nostra formazione personale e per avere in mano uno strumento che vale più di mille conti in banca, cioè la Conoscenza, quella amabile sconosciuta che ti fa capire quando qualcuno ti sta imbrogliando, quella che ti fa spaziare nei 'corsi e ricorsi' storici cercando nessi, agganci, connessioni, quella che ti rende libero. lo studio e di conseguenza la cultura sono uno strumento di LIBERTA', forse è oer questo che fanno tanta paura? quien sabe...

Sissi ha detto...

Noto che le professoresse del ginnasio si distinguevano per le loro doti amabili...! Pupa l'ha definita "glaciale" (e pure il cognome non lasciava presagire niente di buono!), io le ho dato della "iena"! Il quien sabe mi ha fatto tornare in mente il quis venit? che la succitata prof esclamava alzando ad intervalli regolari la testa dal registro di classe tanto per creare un po' di suspance al momento dell'interrogazione! Caro Ric, hai aperto l'album dei ricordi!...stasera ripasso i miti greci :)

Anonimo ha detto...

A little less ringrazia Rossi per questo post. La vita comincia lì.
Nevertheless, mai cercherei di ricomporre quel mosaico attraverso l'acquario del computer.
Life goes on.

Anonimo ha detto...

...superiori...niente più odore di vinavil, colla stick, pennarelli... niente più penne cancellabili (ed io essendo mancina mi tingevo il lato della mano di un blu profondo)...la scelta del posto a sedere deciderà le tue amicizie...e le tue bigiate...5 anni che non vedi l'ora che finiscano...e li passerai tra odi e amori..verso i tuoi compagni e qualche professore..sembrano anni infiniti ma l'ultimo giorno è arrivato...solo adesso sei "maturo".. GRAZIE RIC PER IL TUO BLOG...ma pensavo:...un post sull'autogrill? sono curiosa di leggere le tue sensazioni..

Sara ha detto...

Oddio che ansia! Io invece ho scelto la ragioneria, che scelta inutile!! Non so fare nemmeno due più due a mente! Ma in una zona di provincia la scelta è poca ed era la meno peggio. Poi mi sono imbattuta in molti pessimi insegnanti e in pochissimi straordinari. Quelli straordinari che erano severi e giusti, che oltre all'insegnamento trasmettevano la passione. Ho appreso comunque da tutti. Da quelli pessimi come non comportarmi mai nella vita!