martedì 30 settembre 2008

Lettera a Paul



Ciao Paul, sei stato il mio compagno di sogni quando andavo a vederti nelle sale parrocchiali a 500 lire il sabato pomeriggio. Eri stupendo con la tua voce italiana di Giuseppe Rinaldi e quando ti ho visto ne “La Stangata” con quei vestiti e quelle atmosfere, io che avevo 10 anni pensavo che il mondo dei grandi potesse essere così “fico”, con le donnine allegre che ti facevano la corte, e tu le guardavi con quei baffi di traverso e quel sorriso che seduceva anche le pecore. Nella scena finale stavi con lo smoking e io ho chiesto a mia zia di farmi lo smoking per Big Jim con il quale passavo pomeriggi d’avventure nel giardinetto sotto casa mia, in smoking in mezzo alla terra e alle erbacce. Parentesi: sempre nel finale de “ La Stangata” quando con il tuo amico Robert Redford muori, io sono morto con voi e solo quando si è visto che era una caramella in bocca a fare l’effetto rosso sangue sono rinato, e per tre notti non ho dormito dallo spavento.
Quando poi sono cresciuto, con il mio videoregistratore Sony Betamax che non aveva nessuno, ho registrato “La gatta sul tetto che scotta”, l’avrò visto mille volte, ma non riuscivo comunque a capire come mai rifiutavi quello schianto di Elizabeth Taylor, e ho creduto che fosse fantastico dire di no in quel modo a una donna, ho provato a farlo anche io, ma ho poi visto che si trovavano subito d’accordo con me e mi lasciavano in un secondo.
Quando sono ulteriormente cresciuto ho visto “Il verdetto” e ho capito che il modo giusto per fare colpo su una donna matura era farsi trovare ubriaco appoggiato a una porta di uno studio legale. Mi sono iscritto a legge e al primo esame che ho dato, storia del diritto canonico, ho preso uno xanax e mi sono vestito così come lo eri tu con la camicia bianca e un gilet sdrucito, e il direttore della facoltà mi ha cacciato fuori dall’aula. Insomma per una vita ho cercato di emulare il tuo modo magnifico di essere, le camicie bianche a maniche corte e la cravatta scura in “Detective Harper acqua alla gola”, quel profilo da medaglia, magnifico che avevi, quegli occhi blu di ghiaccio ma disperati, quegli addominali da urlo, che pretendevi per contratto di poter esporre in tutti i film, con un asciugamano a nido d’ape stretto in vita, quello di Eau Savage per intenderci, il modello Kennedy, insomma tutti gli asciugamani di casa mia, che ho comprato da Frette, quel tuo Rolex Daytona che indossavi alle corse, (quello mai comprato), ma nonostante tutto non ci sono mai riuscito.
Ora che sei morto, caro Paul, non mi rimane che una cosa da fare purtroppo: diventare grande.

Nessun commento: