mercoledì 25 novembre 2009

TV da buttare


Tristezza, che altro si può dire vedendo quelle belle discariche abusive dove in mezzo ai materassi di lana con qualche molla che sbuca, due sacchetti di calcinacci, un frigo, una vasca col sedile dentro, spunta per la prima volta il nostro vecchio televisore. Non sto parlando di quei vecchi Phonola (la stessa marca del nostro fegato, quello dei bambini è Apple), ma di quello che abbiamo comprato noi, non i nostri genitori, acquistato con i primi soldini guadagnati non si sa come, spesso il risarcimento di un botto in motorino. Ora è lì che ci guarda con rancore: si trattava di un Sony Trinitron, compatto, il tubo catodico più famoso del mondo, si poteva vedere bene anche seduti di lato! Il telecomando essenziale, quasi bulgaro: c’erano i numeri, il volume, il colore e il contrasto, non c’era nemmeno il tasto per AV (entrata di un ausiliario qualunque), perché NON ESISTEVA la scart! Tanto è vero che per “attaccarci” un videoregistratore dovevamo fare un “ponte” con l’antenna che entrava prima nel videoregistratore dal quale usciva con un altro cavo per entrare poi nel televisore, e dove lo “mettevi”? Sullo zero, facile, no? Era un televisore e basta, faceva vedere la tv e aveva, attenzione, ben 29 canali! Molti erano per il futuro, tanto è vero che vorrei conoscere qualcuno che abbia mai sintonizzato qualcosa dopo il 9. La scarrellata era “il primo”, “il secondo”, poi Rai Tre, Rete 4, Canale 5, Italia 1, TeleMonteCarlo, Videomusic, e qualcuno molto intelligente metteva LA FRANCIA, cioè “Antenne 2” sul 9. Dopo era terra di nessuno, senza leggi, solo reti locali, tutte a casaccio, ognuno aveva la sua regola:
- Dove la metti TeleRoma 56?
- Sul 16, perché c’è il 6 finale...
Cos’è che ha decretato la loro morte? Più che il digitale terrestre, la mancanza della scart, che di fatto impedisce l’ingresso di un orribile decoder (hanno tutti il telecomando piccolo, non entrano le dita, è un macello!). È inutile chiamare il laboratorio dell’assistenza piagnucolando, nessuno mai vi farebbe una modifica stile Scuola Radio Elettra:
- Non c’è la scart? Lo butti!
NO! Io me lo tengo, e anche voi, perché, diciamoci la verità: dentro quelle televisioni, c’era la nostra vita da semiadulti, sono state le ultime televisioni che hanno visto Bernacca, Corrado, Mina (è proprio il caso di dirlo) le signorine buonasera, quelle vere, le tribune politiche con gli ospiti che potevano fumare, i telegiornali con i fogli di carta sul tavolo, insomma più ciccia e meno format. Facciamo uno sforzo:il nostro vecchio e schicchissimo Sony, tranquillo e inutile, lo mettiamo a dormire al calduccio nel suo scatolone originale come un cavallo al prato, per evitare di vedere in una discarica tutti quegli schermi che, una volta spenti, sembrano specchi neri che rimandano un’immagine scura: noi stessi.

PS: nella foto il Sony 10 pollici esposto al Moma di NY

lunedì 23 novembre 2009

Valentino: The Last Emperor


Vedere il film su Valentino vuol dire vivere 96 minuti di una vita che non avremo mai, non a caso il regista Matt Tyrnauer che ha avuto la pazza idea e il coraggio di seguirlo per tre anni l’ha intitolato “The Last Emperor”. E quindi preparatevi a immergervi nei 50 anni più glamorous di sempre con la colonna sonora (idea pazzesca) di Nino Rota della Dolce Vita. E come altro la vuoi chiamare quella che ha passato Valentino? A quel livello, (liquidato con 470 e rotti million dollars), davvero i problemi sono altri, le giornate passano tra le passeggiate a Villa Borghese per cercare di ricordare dove sia mai avvenuto il primo incontro e quindi l’amicizia, il sodalizio e l’amore, al Cafè de Paris o da Doney tra Giammetti, un santo, e Garavani, un genio, entrambi vestiti da Caraceni. I problemi del centralino:
- No, il Signor Valentino è fuori Roma...
Certo, è a sciare, dove, a Rocca di Mezzo? No, a Gstaad, in quella casa che manco Walt Disney, ma che tutti immaginiamo come la casa ideale da avere in montagna (l’altra possibile è quella di Last Christmas degli Wham! ma ne parliamo un'altra volta...). I problemi dei maggiordomi: “La Contessa de Ribes, si è portata la sua vodka personale!”
Ma scremata la creme de la creme, si capisce anche che questa vita prevede il lavoro “normale” e quindi si scopre che Valentino sa disegnare: esatto, prende una matita, una Faber Castell 2 qualunque, e tira giù linee senza tempo che inventano la donna dei nostri sogni, la donna per la quale “non sono riuscito a dormire stanotte, ed ecco qua: è il vestito più bello della collezione!”.
Valentino, un imperatore che invece del trono, passa molto tempo su quella seggiolina della sartoria, la sua vera casa, dove sta seduto proprio come una delle sartine che gli svolazzano davanti come le tre maghette della Bella Addormentata nel Bosco, mentre addobbano una modella nuda trattata come un lume da terra. Solo quando le mette una mano tra i capelli o le scopre una spalla un millisecondo prima che entri in passerella, mi è sembrato di scorgere una vampa di affetto, o di minima considerazione...
La vita internazionale che lui ha condotto per 50 anni in un inglese assurdo e che evidentemente tutto il mondo gli ha perdonato, quando alla domanda “What women want?” lui risponde con un sorriso:
-Dei uònt tu bi biutiful!
Del resto, non lo perdoni uno che, scorrendo con la mano i suoi 300 vestiti più amati, può dire: “Questo era di Jackie, questo di Audrey...”? Nessun altro al mondo può dire una frase del genere, a patto di non chiamare così i gatti di casa.
Ma c’è tempo anche per le giuste lacrime. Perché quando un uomo festeggia la sua carriera stratosferica e incrocia gli sguardi delle persone che ha incontrato in tout le mond sa che molto probabilmente è l’ultima volta che le vede, e che quei saluti non sono più arrivederci ma addii. Quell’uomo DEVE piangere e Valentino lo fa, come quando singhiozzando alla cerimonia per la consegna della Legion d’Onore, riconosce che senza “il Signor Giammetti” tutto questo non sarebbe esistito. Per fortuna sa anche come consolarsi, e questa è la grandezza, se negli anni 80, in un ritaglio che ancora conservo, dichiarò:
- Se sono triste, niente mi rende felice come due pennette pomodoro e basilico!
Come lo capisco...

venerdì 20 novembre 2009

Showtime!


Un uomo esce di casa la sera, sono le sette, la città sta per spegnersi, la gente sta tornando a casa, lui no, lui va a “lavorare” ma in realtà va al patibolo, è un agnello, una vittima sacrificale. Sta andando su un palcoscenico a fare il suo show. Un pazzo che spera che il pubblico, fosse uno o mille è uguale (meglio mille), lo ascoltino e lo capiscano.
L’arrivo in teatro è tranquillizzante:
- Sono arrivato!
Un pensiero di meno... Tutti ti salutano, il portiere, le maschere, che sono arrivate presto come te per cambiarsi, senza la divisa non le riconosci, come i vigili. Vai in camerino: una cella 2 metri per 2, fredda, ghiaccia, con un pezzo di feltro per terra per metterci i piedi per cambiarti le scarpe, sul tavolo il profumo, i fazzoletti di carta, i fiori della “prima” che si stanno seccando e il vestito di scena che ti aspetta, lo guardi e vorresti già essere al ristorante. Ma ti avvicini e cominci a spogliarti con angoscia, perché difatto questa è la vestizione di un torero, i gesti sono lenti, tutto deve essere perfetto come un sudario che avvolge la salma per gli dei! Che la ritrovino conservata bene, non tutta ciancicata dal viaggio! La cravatta scorre attorno al colletto alzato della Brooks d’ordinananza, i pantaloni salgono lentamente per sistemare la camicia all’interno, i lacci delle scarpe si annodano in un fiocco che dovrebbe durare in eterno. La giacca scorre liscia sulle braccia e s’innalza sulla schiena come una tenda scorrevole:
- Colpitemi, sono pronto!
In realtà arriva il fonico:
- Il microfono...
Comincia questo rito, va messo tra il secondo e il terzo bottone, lui ti sta a un centimetro e te lo aggiusta al millimetro, gli viene da ridere, tu vorresti morire:
- Com’è la situazione?
- Pieno.
Ci vorresti credere ma fino a quando non si aprirà il sipario non saprai mai se ti ha detto la verità o una bugia pietosa. Al momento ti bevi tutto quello che ti dicono. Dal dittafono che hai in camerino sale il rumore del pubblico che si accomoda in sala. Ti guardi allo specchio, non vedi niente se non uno straccio, speri che ti venga a trovare un amico in camerino, ma loro credono di disturbarti, credono che tu stia concentrandoti, non sanno che potrebbero dare l’estremo saluto al condannato a morte e lui sarebbe molto contento. Arriva il direttore di scena:
- 5 minuti!
Passano 5 minuti nei quali non sai più cosa fare e ti chiedi come mai fai questo lavoro, la paura ti stringe lo stomaco come un pugno chiuso una spugna da strizzare, ti ricordi della frase di Eduardo “gli esami non finiscono mai” e poi pensi all’esame di maturità quando ti dicevi “tolto questo poi sarà tutto una buffonata!”.
Torna il direttore di scena:
- 1 minuto!
Ti avvicini al palcoscenico, il patibolo, e il siparista è il tuo boia, senti la folla rumoreggiare dietro quel sipario rosso, ma un urlo alle tue spalle ti distrae, è la sentenza:
- Chi è di scena!
- Io, sono io, sto solo sto, quindi sono io!
Entri e di colpo tutto è finito.
Ricordatevi pubblico, quell’uomo che vi sembra così vivo in realtà è in trance, in apnea, uno zombie che cammina per scommessa, per far dire a voi chi è lui. Avete solo un modo per farglielo capire: applaudire.
Grazie.

mercoledì 18 novembre 2009

La verità di una dieta


Le diete in realtà cominciano il weekend precedente al lunedi di start, quando, dopo la prima visita dal Professor Migliaccio che elenca tutto quello che potremo e non potremo mangiare facendoci sentire già magri, con un baccanale che dura venerdi sabato e domenica ci congediamo come in un addio al celibato da abbacchi, salumi, formaggi, prosecchi e dolci. Quindi domenica sera ce ne andiamo a letto con lo stomaco che chiede pietà, noi ebbri di tutto, mentre chiudiamo il lumetto sul comodino pensando “chemmefrega, domani comincio la dieta!”. E buonanotte.
Viene l’indomani:
- Ok, dieta, allora vediamo... un caffè, due gentilini, ecco fatto, ah, mi sento meglio, ammàzza che meraviglia! Ci vuole così poco, il cornetto con la crema al bar? Mamma mia, siamo pazzi? Con tutto quello strutto!
In ufficio non ti sembra vero di entrare senza le briciole sulla cravatta visto che hai “bucato il bar”, hai un umore esageratamente allegro e rifiuti con una risata argentina la cassata della collega che, rovinata dai sensi di colpa ma non riuscendo a buttarla o a regalarla al portiere, cerca in tutti i modi di offrirla in giro...
Al ritorno dal pranzo ti vanti che al bar ti sei preso addirittura UN tramezzino e UN caffè, decaffeinato, per la pressione. La sera del lunedi non ti coglie impreparato e apposta ti sei preparato un bel filetto di nasello Findus al vapore, con olio e limone. Ed effettivamente vai a letto che ti senti benissimo, leggero, e pensi che sei stato uno scemo a non farla prima.
Martedi mattina ti pesi? NO! Lo ha detto Migliaccio:
- Non faccia il pazzo, si pesa da me venerdi prossimo, se no mi diventa maniaco ossessivo, faccia la dieta e non si preoccupi...
Il martedi quindi scorre liscio uguale, ma alle 1930 proprio mentre stai scendendo dal motorino incontri un’amica che era una vita che non la vedevi e offrirle un aperitivo è un attimo, te la cavi con un prosecco, che sarà mai? Niente, ma lei ti dice:
- Ci facciamo uno spaghetto dai Tedesco?
Non puoi rifiutare e mentre speri che ti dicano che non possono, accettano felici... Sai già che entrando nel calore della casa ti aspettano subito pronti un po’ di pizzetta calda, olive belle grosse, altri 2 prosecchi gelati, 2 fettine di salamino, 4 blocchetti stupendi di formaggio. Poi lo spaghetto, ne prendi pochi, ma non ce la fai e li riprendi mentre gli altri stanno finendo il primo piatto (“erano troppo pochi”), come secondo arriva grazie a Dio un’insalata che ti sembra un miraggio e te la mangi tutta, lasciandone pochissima agli altri che ti guardano con gli occhi di fuori, ti viene da piangere al pensiero che, mettila come ti pare, ma HAI SGARRATO! Non ci sono scuse, domani mercoledi ti tocca la dieta di recupero: UN caffè, UN gentilino, UN panino piccolo con 80 grammi di prosciutto sgrassato, UN frutto, UN secondo piatto a scelta per la sera. E basta, ma siccome “sei bravo” ti mangi solo una busta enorme di rughetta della GS condita con un cucchiaino d’olio e limone e un arancio. Di notte nel letto senti i rumori di un trasloco nello stomaco. Ti contorci, ti viene in mente che potresti mandare giù uno yogurt magro 0,1 della Vipiteno, ma pensi all’arancio e hai paura di creare dal nulla il match Tyson vs Alì.
Giovedi, ti alzi, ti guardi allo specchio, credi di essere dimagrito, in realtà sei solo sbattuto, ti vuoi consolare e te ne vai al bar:
- Ma che te sei messo addièta? Non te sei più fatto vede’...
- No no, un po’... allora un caffè e.... basta (ma “basta” lo dici sottovoce)
- Che vuoi un cornetto piccolo? Senza niente? Questo quiii? Vabbèneee?
- Ma sì, mi sento male, se non mangio niente come faccio a lavorare?
Il pranzo scorre liscio e pensi alla cena: “Oddìo stasera da Benedetta e Fabrizio, lo so da una settimana, ma come faccio? Capirai ci sarà la qualunque...!” Chiami e le dici che stai a dieta:
- Tranquillo, mangi poco di tutto, ho fatto cose stupende, dài!
Vai a cena e non porti niente apposta, cerchi di dimostrarti eroe e salti gli antipasti, diciamo...: due pezzetti piccoli di pane con il salmone e un ricciolo piccolo di burro, poi arriva la lasagna al pesto, divina, un pezzo, piccolo? No, medio... Ecco il secondo: stinco arrosto con le patate. Come si fa? Come si fa? Ti aiuta una ragazza al tavolo, a dieta anche lei che ti dice, “ce ne mangiamo uno in due, va bene?”, te la vuoi sposare, ma ha già la fede, comunque diventa la tua migliore amica. Mentre ci chiacchieri ti accorgi che ci vai pure d’accordo e le versi 2 bicchieri di vino e te le versi pure tu, (“non importa dài, questo e basta”). Dolce: millefoglie di Cavalletti! Lo salti ma chiedi una vodka! Gelata! Arriva una boccia di Absolut, bellissima, appannata, e con le incrostazioni di ghiaccio sopra. Te ne bevi 3 senza sapere come. E mentre pensi che la vita è stupenda, che è bello vivere, gli amici, le cene e compagnia bella, ti ricordi che domani hai il controllo del PESO, come una mucca sulla pesa, appunto. Ti rendi conto che in realtà hai fatto solo 4 giorni di dieta, perché ven sab e dom scorsi hai fatto lo scemo con tutti dicendo “tanto lunedi mi metto a dieta!”.
Venerdi mattina vai da Migliaccio alle 7 e mezzo, hai cercato di andare al bagno in tutti i modi senza riuscirci, scendi le scale di casa a piedi e sali pure quelle sue a piedi, 3 piani! Ti pesi e hai perso 500 grammi e basta! Sei un buffone! Migliaccio ti guarda dall’alto in basso e per non ucciderti ti dice cortesemente che potevi fare meglio. Esci triste per la figuraccia, vai al bar per fare colazione alle 0745, ti sfondi con un danese al cioccolato e ti viene in mente tua Nonna:
- Per dimagri’, non bisogna magna’!

martedì 17 novembre 2009

Otto e un quarto la sera


Questa sera sei solo. Te ne sei reso conto da poco, come se sentissi freddo all’improvviso. Cerchi un maglione, te lo metti svogliatamente, e ti sembra di stare meglio, ma non è vero: una vampa d’ottimismo che dura un cerino. Scarrelli col telecomando sulla tele. I soliti quiz, sei milionario da anni anche se con i soldi del monopoli.
Che facciamo stasera? Apri il frigo, lasciamo perdere. Apri il freezer, lasciamo perdere. Torni di là. Prendi il cellulare e cominci in ordine alfabetico a chiamare tutti quelli soli come te, uomini e donne, è uguale, hanno tutti da fare, e che è? Tutti organizzati, m’avesse chiamato qualcuno, li possino... La sequenza dei nomi è la stessa da anni, a qualche nome cambi posto, qualcun altro lo cancelli, ma quei numeri, come li metti li metti, stasera non ti dicono niente.
Visto da fuori ti fai pena. Com’è possibile ridursi così? Che facciamo stasera? Dài, un bel libro e passa la paura... Non ti va, magari un film in dvd, li compri e non hai mai il tempo di vederli, stasera è la sera giusta: come li tocchi e li vedi con il cellophane t’intristisci e pensi ai soldi buttati, quei film non li vedrai mai.
Ti cambi per la sera a casa e ti metti una felpa, ma ti ricordi di lei, di un’amica tua. La chiami al suo numero di casa dal tuo numero di casa perchè non ti va di trovarla fuori. Miracolo: risponde, sì, è a casa stasera, no, non esce, non le va e ti chiede:
- Che fai, vieni?
Quasi urli dalla gioia accettando l’invito.
Ti cambi di nuovo, anzi no, hai fretta ed esci finalmente da quella trappola che è diventata casa tua, sali sul motorino e guardi le stesse vie che attraversi tutti i giorni, c’è ancora l’alimentari aperto, dentro una donna fa la spesa prima di tornare a casa dalla sua famiglia, tu compri un prosecco e chiedi se per caso ce l’hanno freddo, lei ti guarda, chissà che s’immagina, tu ti senti in colpa e non la guardi più. Quando esci la saracinesca si sta abbassando alle tue spalle, senti il rumore ma non ti giri, c’è qualcuno che ti aspetta. I palazzi che ti scorrono accanto hanno tutti le luci accese e dentro quelle finestre t’immagini le loro vite così diverse dalla tua.
Al citofono lei ti apre il portone senza chiedere chi è. Fai le scale a piedi.
La porta è aperta, chiedi permesso, lei ti urla “vieni, vieni...”
È in cucina, tu entri, lei ti sorride.
Stasera non ti spari, domani vediamo...

lunedì 16 novembre 2009

Mai di lunedi


Mai di lunedi, ogni cosa è da evitare, non fate niente, non fate domande dove sperate che vi rispondano con sì, avrete solo no, la gente è esasperata, è triste già dal tardo pomeriggio di ieri: la domenica sera è il giorno in cui si decide per il suicidio, per questo motivo va in onda Report che ti dà la mazzata finale, per aiutare nel gesto fatale. Questo è un problema che assilla tutto il mondo e non c’è modo di risolverlo se non quello di farlo passare, come? Le uniche cose che si possono fare il lunedi sono quelle che cominciano, una fra tutte la dieta, poi la palestra, o i corsi d’inglese, se notate infatti sono tutte cose punitive. Si possono fare anche le commissioni, ma solo quelle più brutte, non quelle nei negozi che infatti sono chiusi il lunedi mattina. Parentesi, la domenica sera le strade del centro sono piene delle commesse sciamanti che celebrano il loro sabato sera nel tentativo d’incontrare il calciatore della loro vita che, ebbro dell’eventuale gol, e delle Magnum di Krug che si è bevuto al Gilda, potrebbe portarle all’altare della sua vita dorata: per questo motivo i negozi sono chiusi il lunedi mattina. Per commissioni brutte s’intendono quelle negli uffici pubblici dove si va a litigare per la multa, oppure dal giudice di pace, oppure alla telecom, alla tim, all’enel, all’acea, all’italgas, alla nettezza urbana, insomma ovunque ci sia uno sportello con un vetro con un buco al centro scomodo e dietro un impiegato furente perché oggi è lunedi! Anche una prima udienza di divorzio va benissimo di lunedi, il giudice sarà nero perché è lunedi e nessuno dei due ex si guarderà negli occhi per lo stesso motivo, anche gli avvocati avranno fretta perché non vedono l’ora di andare al primo giorno di palestra (hanno cominciato la dieta) e di tornare il più tardi in ufficio perché oggi è lunedi.
Un’altra visita gradita di lunedì è quella al commercialista (per pagare ogni giorno è buono), dal dottore per fare il vaccino, da un conoscente che da una vita vuole prendere un caffè con voi, al supermercato a fare la spesa, tanto è stato svuotato dalle cavallette del sabato pomeriggio e la domenica i rifornimenti non li fanno! Insomma il trucco è quello di togliersi le incombenze che gli altri giorni non vogliamo fare per non rovinarceli, a questo punto tanto vale rovinarsi il giorno più brutto della settimana e buonanotte, consolandoci al pensiero che il lunedi non dura in eterno e in fin dei conti domani è GIÀ martedi.
Ma ricordatevi che se il lunedi sera una vostra amica accetta l’invito di venire a mangiare da voi una teglia di verdure arrosto condite con poco olio, una Coca light e un biscotto, perché avete cominciato la dieta, molto probabilmente è la donna della vostra vita.

giovedì 12 novembre 2009

Disney on DVD tonite!


Io vorrei sapere perché quando per un motivo o per l’altro sento una canzone dei film Disney, mi viene da piangere e me li voglio rivedere tutti insieme subito, stasera!
Eccoli quindi nello scaffale della libreria conservati vicini vicini, stretti stretti (in realtà li abbiamo ricomprati tutti in DVD ma ci manca la pompa di buttare i VHS degli anni 90). Abbiamo sempre qualche incertezza nella scelta del titolo, perché va detto che le copertine sono orribili e per forza, le hanno fatto ridisegnare! Perché non ci mettono un bel disegno originale? Non si capisce: segreti del marketing pazzo che ancora pensa che i bambini abbiano gli euros per comprarli e non i genitori che andavano al cinema parrocchiale a vederli e vogliono piangere tra le braccia della moglie che si trova in un attimo sul divano come un crocefisso con il figlio a destra e il marito a sinistra. Via l’imbarazzo e scegliamone uno superclassico, di legno, quelli fatti a matita, disegnati UNO PER UNO! Si mette il DVD e si vede quel filo d’argento che come una scia attraversa il cielo sopra il Castello di Biancaneve (zittite subito chi vi dice che è quello di Cenerentola, non è vero! Disney andò in Baviera vide il Castello di Neuschwanstein, e se ne innamorò per il suo primo lungometraggio a cartoni animati, appunto Biancaneve) e parte quella musica che lavora come una macchina del tempo senza droghe. Che note sono? Che note sono queste che mi ammazzano all’istante? La musica è quella di PINOCCHIO! Ma Pinocchio, ne vogliamo parlare? Quanti anni sono che non vedete Pinocchio?
E gli ARISTOGATTI? Ma quanto abbiamo odiato Duchessa e quanto era fico Romeo con quei miciastri? Ed Edgar? Quel maggiordomo che vorrei di là in salotto tutta la vita? Quanto si gode quando lo chiudono nel baule?
E la CARICA DEI 101? Quando escono truccati di fuliggine ma la neve sciolta che gli cade addosso li smaschera agli occhi di Orazio e Gaspare? Non ci sentiremo mai più nudi di così nella vita...
E gli occhi di Lucifero nel buio della camera della matrigna di Cenerentola? La cosa più cattiva della nostra esistenza! Ma se volete sapere come è la vita dall’adolescenza in poi, non serve leggere i libri di Bollea: basta guardarsi LA SPADA NELLA ROCCIA, e basta, fatto! Perché un film Disney è stato e sempre sarà la nostra prima scuola di sentimenti, e siccome è entrato nel nostro imprinting, c’è poco da fare ormai, bisogna rassegnarsi...
E ricordatevi che se mai avrete il coraggio di vedere un Disney in DVD, mentre fuori piove, anzi diluvia, anzi nevica, è un giorno vicino a Natale, magari il 23 sera, voi sotto il plaid a scacchettoni preso con i punti Mira Lanza negli anni 60, con una ragazza accanto sul divano, molto probabilmente è la donna della vostra vita.

mercoledì 11 novembre 2009

Una giornata metropolitana


Stand up alle 8. Una doccia con soffione da paura effetto pioggia nel pineto torrente, un bicchiere di succo di frutti rossi polifenoli antiradicaliliberi, un caffè Roma “Nespresso, what else?”. Una camicia bianca button down con colletti e polsini slacciati, presa da un cassetto profumato con sacchetti di pot-pourri Santa Maria Novella (what else?). Completo blu o grigio ferro, scarpe Church’s, una cravatta presa da Viganò o da Rubinacci e via, in una nuvola di Equipage, che usava anche Jacqueline Bisset! Un salto al caffè Greco dove guarda caso arriva la donna della nostra vita per prendere il vero caffè della giornata, il secondo, non il primo che serve solo a svegliarci, un bacio veloce con dating successivo per la serata. Ora ci aspettano in ufficio dove la boiserie è la vera padrona di tutto e le segretarie, tutte perfettamente parlanti italiano, sorridono come un’hostess della SAS del 1958. La giornata comincia tra mail consultate su un iMac 27 pollici, e telefonate internazionali che passano su apparecchi con cavi di pelle di Ritz Saddler. Alle 13 un break per un frugale lunch: stiamo parlando di un club sandwich al Hotel d’Inghilterra, dove entrando incrociamo senza girarci Catherine Deneuve (che quando scende a Roma si butta lì, non lo sapevate?). Un altro caffè sempre al Greco, dove nel frattempo hanno cambiato turno le cassiere e i baristi. Altri sorrisi da ricambiare con charme tipo “Drakkar per uomo, carattere e personalità”!
Parte il pomeriggio con belle lettere da scrivere a mano su carta di Pineider, e penna stilografica Chopin di Montblanc, o quella di un prozio che ha firmato il Trattato di Yalta. Uno sguardo ai siti internazionali del New York Times, L’Equipe, Variety, un saluto alle hostess e andiamo avanti.
Alle 18 ci aspetta la palestra, 10 minuti di pochi pesi per il giusto e sobrio tono muscolare, 40 minuti di tapis roulant e 1000 addominali.
Alle 1930 rientro in casa per il cambio d’abito, veloce, ci aspetta una prima a teatro o un cinema alle 20, con biglietti già presi, arriva una nuvola di Oyedo seguita da un filo di perle triplo al collo, chi è? Ma certo, un pullover nero di cachemire a 4 cavi, un taglio di capelli sportivo, una pochette di un’eleganza minimal, Audrey? Ci siamo. L’ingresso, ovunque sia, è da red carpet. A teatro la noia, all’intervallo la tentazione di scappare mano nella mano è troppo forte, un romantico taxi ci sgancia in un restaurant per un tagliolino burro e tartufo, o nell’abituale trattoria per qualche antipasto e una vodka gelata Polo Nord.
Questa è la giornata, la metropolitana un’altra volta!

PS: cosa c’entra Robbie Williams? Niente, è bella la foto...

lunedì 9 novembre 2009

Il mezzo Milione, un viaggio in Cina


Allora, Veronica Lario in Berlusconi si è fatta un mese di vacanza in Cina con la figliola Barbara e una guardia del corpo per sicurezza. Innanzitutto come sarà nata l’idea? Bè... per non perdersi il primo “foliage” dal verde al giallo autunnale degli alberi, uno degli spettacoli più belli della natura in replica ogni anno in questo periodo, che si sarà detta Veronica?
- Scendo qui nel parco di Macherio o me ne vado in Cina?
- Dài Ma’, andiamo in Cina!
- Ma sì, voglio proprio staccare un po’ la spina, tanto, quanto può costare?
Alla fine è tornata con un conto di 500.000 euro. Certo, avrà offerto per tutti. Ma come avrà fatto a spenderli? Mi sono fatto due conti.
Togliamo le spese fisse, aereo prima classe per tre (per forza: 18 ore di volo sono scomode per tutti), € 9600: “pago io!”.
Si scende al “Marco Polo Parkside”, 7923 dollari per tutte le 18 notti in 3 camere, le altre notti a Shanghai al “Peninsula” di recente apertura: 935 euro a notte per 14 notti per 3 camere vista fiume, sono altri 39270 (Shanghai è carissima in questo periodo!). Totale 56793, escluse le cene. Però a Pechino, almeno una volta, non ci vai da McDonald’s? Almeno per dirlo e fare una foto a Barbara davanti alle 29 casse tutte allineate, che quando ti ricapita? Lì un Big Mac costa 6 yen, qualcosa ti rimane, no? Magari per i regali da fare, e presumo, spedire: mica si saranno portati dietro tutte le buste sulla muraglia cinese, sulla quale saranno andate con l’elicottero per vederla dall’alto, (anche se con Google Maps, ormai l’hanno vista tutti dall’alto, stando a casa). I regali li facciamo da Muji, così risparmiamo (sta pure a Milano a Via Torino, però vuoi mettere?). Insomma con altri 40000 euro ci mettiamo tutti i trasferimenti in Cina con tutti i mezzi di trasporto possibili e immaginabili compresi i risciò e le mance. Arriviamo a 100000 euro. Me ne rimangono altri 400000. Che ci faccio? Tutto il guardaroba da Prada, finto all’origine? Oppure gli acquisti pazzi alla Michael Jackson, tipo una montagna russa per il giardino? Ma lui abitava a Neverland, mica a Macherio, no? L’iPod se lo saranno già comprato da tempo... Io francamente non lo so, ma provo comunque a tirare una somma: cosa rimane di un viaggio in Cina oltre a 400000 euro? Un ombrellino di carta, un po’ di ricevute e 5507 punti sulla Carta MilleMiglia.
Insomma 30 giorni in Cina sono emozioni senza prezzo.
Per tutto il resto c’è Mastercard.

mercoledì 4 novembre 2009

Happy Bday "Secondo"!


Oggi nel 1961 nasceva “il secondo”. Non c’era bisogno di aggiungere altro, perché era l’alternativa al “primo”. La RAI, radio televisione italiana, questo prevedeva e questo ci tenevamo. Ma “ilsecondo”, tutto attaccato nel lessico inconsapevole dell’imprintig, era davvero un universo: da piccoli era solo l’ordine o una scommessa persa per “girare” e “metterlo” sulla televisione, ma poi, crescendo, ci si è accorti che sul secondo c’era tutto quello che sul primo NON poteva esserci, tutto quello che un eventuale Professor Cutolo non poteva permettere. Qualche esempio?
“L’altra domenica”, che era appunto il contraltare a quella messa che era ormai diventata “Domenica in”. “Odeon” che mi ha fatto scoprire Richard Gere, notato in “Cats” per offrirgli poco dopo “American Gigolò”. E "Blitz" che riusciva ad andare sul set blindato del film più importante della nostra vita “C’era una volta in America” e a parlare con Robert De Niro, che aveva 40 anni appena e all’epoca non parlava a nessuno nemmeno alla madre... Ma se dico “Quelli della notte” con happening a seguire tutti fuori da Via Teulada per vederli dal vivo?
“Mixer” con la sigla meravigliosa degli Azymuth, “Jazz Carnival” e i faccia a faccia che sono diventati un format di ripresa insieme alla frase di Minoli “senta, le faccio un’ultima domanda...”? Per non parlare del Tg2 con le arrabbiature di Mario Pastore e quella sigla pazza di tutti quei 2 a vari colori al centro dello schermo, senza mondo, senza antenna a diramare gli spacci d’agenzia come bardi...
Insomma, “il secondo”, poi “Rete Due” e infine “Rai Due”, era una specie di tv pirata che ci ha fatto crescere, se il primo ci ha raccontato le favole per tenerci buoni da bambini, il secondo ci ha fatto sentire grandi anche se non lo eravamo ancora, se Rai Uno era una nonna, Rai Due era lo zio scapestrato che ci mostrava il mondo con un sigaro che penzolava dall’angolo della bocca, Rai Uno un bicchiere di latte, Rai Due il primo bicchiere di vino, Rai Uno la Carrà, Rai Due Renzo Arbore.
Oggi al secondo canale, a questo uomo di appena 48 anni, cui piaceva il cinema, la musica, i viaggi e le donne, che devo dire?
Tanti auguri, in tutti i sensi...

PS: il logo meraviglioso era disegnato da Piero Gratton come mi insegna Riccardo Grandi

martedì 3 novembre 2009

L'amica di Keith Emerson


Ieri 2 novembre, i morti, era il compleanno di Luchino Visconti, cui piacevano i crisantemi proprio perché gli ricordavano il periodo del suo compleanno e se ne circondava fregandosene del fatto che sono i fiori de “i morti” e invece sono bellissimi, andateli a comprare e se qualcuno vi dice “ma sono i fiori dei morti” gli rispondete con Visconti. Ma era pure il compleanno di Keith Emerson, il mio mito personale dopo averlo visto nella sigla pazzesca di Odeon (la regia era di Marcello Avallone), “Honky Tonk Train Blues”.
Ho cercato di conoscerlo in modo maldestro grazie allo stupido consiglio di Enrico Stinchelli. Allora: 1980, io ancora 17enne, sul Messaggero leggo che Emerson è a Roma per presentare la colonna sonora di “Inferno” di Dario Argento. Sta al Raphael, albergo divenuto in seguito famoso per altro, invece di precipitarmi e aspettarlo là davanti come si fa in questi casi, do retta a Stinchelli, che mi dice:
- Prendici un appuntamento per un'intervista e ci parli quanto ti pare, no?
Prendo mia madre, perfect english speaking, e la obbligo a chiamare Keith Emerson, con il sussiego degli anni 50 mia madre riesce a farselo passare e a prendere un appuntamento “certo, ma lei deve parlare con la mia ufficio stampa che senz’altro non le negherà un’intervista per questa rivista musicale per ragazzi...”
Ergo? Niente. Cosa avrei detto a una che avrebbe capito all’istante che non ero un giornalista ma un mitomane? Però mi rimane la cassetta BASF da 90 con la telefonata tra mia madre e Keith, vuoi mettere?
Keith Emerson, oggi 65enne, dal suo sito invitava, in questi giorni, alla proiezione proprio di “Inferno” dove lui ha presenziato insieme a un’attrice del film e c’informa che il biglietto costa 7 dollari e comicia a mezzanotte. Sta pure su Facebook (!) e ha 3143 fan ma solo in 6 gli fanno gli auguri, ai quali aggiungo ora i miei: tanti auguri Keith, non dimenticarmi! In fin dei conti hai parlato pure con mia madre!

lunedì 2 novembre 2009

This is it


“This is it” è un film sorprendente, nel senso che non è la sòla come ormai purtroppo era lecito aspettarsi. Le riprese erano nate come “archivio personale” di MJ, una specie di foto ricordo di quello che sarebbe stato il suo ultimo show. Quello che salta subito agli occhi è che Michael stava bene, dava ordini sempre seguiti da “God bless you”, ma sempre ordini erano:
- Dovete seguire il mio gesto, che Dio ti benedica, capito?
- Sì Michael, mi devi dire tu quando lo vuoi lo stop...
- Tu basta che mi guardi, che Dio ti benedica.
- Certo, tu mi devi dire l’atmosfera: il pezzo è tuo!
- Certo, io lo so, io l’ho scritto, io lo so, lo so io, lo so, che Dio ti benedica.
Invece Kenny Ortega, il regista e coautore insieme a MJ dello show, lo tratta come un pazzo, con pinze foderate di cachemire e guanti di velluto Visconti di Modrone anche solo per farlo salire sul braccio meccanico:
- Michael, grazie, solo se lo vuoi, grazie, è solo per la tua sicurezza, grazie, scusa, grazie Michael, è solo per te, grazie, e scusami se puoi...
I mezzi dello show sono pazzeschi: il braccio lungo 20 metri e che lo avrebbe sollevato durante “Beat It” per gironzolare sopra le teste di tutto il pubblico, FA PARTE del palcoscenico! Invisibile e perfettamente allineato al palco, si sarebbe alzato come un pitone dissimulato nella giungla.
Mentre seguiamo le note straordinarie del suo jukebox personale, ti viene effettivamente voglia di andare a Londra a vedere lo show, e solo subito dopo realizzi che è morto e quindi ti deve bastare il film (e il DVD che mi compro appena esce e il cd che mi scarico adesso da iTunes).
Sarà deformazione professionale ma vedendo il film ho pensato anche ad Al Bano e alla sua dichiarazione alla morte di MJ: “me sa che ‘sti soldi non li vedo più!”.
Ma la cosa più straziante non è Michael in discreta forma fisica che chiede a Kenny Ortega di fargli risparmiare la voce durante le prove:
- Kenny, ti prego, che Dio ti benedica.
- Michael, fai come vuoi, è tuo lo show, scusami ancora e grazie di nuovo.
No, la cosa più triste è vedere quei ballerini che, scremati in tutto il mondo e in lacrime alla sola notizia di poter ballare PER LUI la nuova versione di “Thriller” da proiettare alle spalle di MJ, si ritrovano ad assistere GRATIS alle sue prove di “Billie Jean”, fatta tutta di seguito, solo per loro: da paura! La consolazione, a loro insaputa, per ricevere un giorno questa telefonata:
- Allora ragazzi, il tour è annullato: Michael è morto.
- Come dici, scusa?
- Questo è tutto.
Che in inglese si dice “This is it”.